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Diari Toscani

Giornale di cultura, viaggi, enogastronomia e società

“Il vestito marroncino” di Tonina Tessa

DiDiari Toscani

Apr 17, 2022

“Quel giacchettino rosso era mio!”. Mi era proprio sfuggito di bocca quando l’avevo visto indosso ad Ida, una mia compagna di scuola che era poco più piccola di me, infatti, anche a lei stava un po’ striminzito. Noi non eravamo ricchi ma, quando le cose mi “scappavano”, mia mamma le passava a lei, che viveva in una famiglia con ben cinque figli da crescere. Ebbene, era bastata questa frase, detta senza malignità, perché Ida mettesse il broncio e, cosa fuori dall’ordinario, perché la nonna mi mollasse un sonoro schiaffo. Non capivo che cosa avessi fatto di così grave da meritare una simile punizione e mi sentivo offesa, vittima di una profonda ingiustizia. Fu allora che mia nonna iniziò a raccontarmi un episodio della sua lontanissima infanzia e la lucidità, l’attenzione ai particolari, il tono della sua voce mostrati nel racconto, mi fecero capire quanto quel ricordo fosse ancora vivo e bruciante, anche dopo settant’anni, nella sua mente.

“Tu sai che quando io ero bambina eravamo poveri. Poveri solo di denaro, intendiamoci, perché non ci è mai mancata una casa, né il cibo necessario per pranzo e cena, ma eravamo sei fratelli ed il nonno era l’unico a lavorare. Pover’uomo, lavorava quasi da solo, con tanta passione, ma con scarsissimi mezzi, una piccola cava in località Bacchiotto, nel bacino di Colonnata ed il marmo che riusciva ad estrarre non sempre era buono: una volta aveva ‘l pél, un’altra la luzca …beh, per farla corta, non portava a casa granché. Noi però eravamo contenti anche con quel poco; riuscivamo a ricavare qualcosina dal piccolo orto sotto casa, a Mortarola, e tanto sostentamento ci davano le castagne che raccoglievamo in quel boschetto di cui ti ho parlato tante volte. Insomma, voglio farti capire che io non mi ero mai sentita povera, o almeno non più povera delle altre mie compagne di scuola, fino a quel giorno”.

“Che cosa è successo, nonna?”. “Devi sapere che al paese veniva, ogni tanto, dalla città, la signora Clara, una specie di dama di carità che aiutava le famiglie più indigenti. Io ne avevo sentito parlare, ma non l’avevo mai conosciuta, perché noi non avevamo bisogno di un aiuto esterno alla famiglia o almeno così mi era sempre sembrato. Nel 1939, io avevo dieci anni e dovevo prendere la prima comunione. Che avvenimento! Allora non erano tante le occasioni per festeggiare. Le feste di compleanno non usavano e ancor meno usavano i regali, al massimo si ricevevano qualche mandarino, una carruba e due fichi secchi giusto nella calza della Befana. Si avvicinava il mese di maggio e le mie compagne già parlavano di stoffe comprate a Carrara per confezionare l’abito bianco: piquet, millerighe, batista e addirittura pizzo di S.Gallo… e io? In casa non se ne faceva cenno ed io iniziavo a preoccuparmi. E se la nonna Glionò (Eleonora) non avesse fatto in tempo a cucirlo per il giorno dell’Ascensione? Il tempo stringeva ormai, così mi feci coraggio: “Mamma, ma noi quando andiamo a Carrara a comperare la stoffa per il vestito bianco?” domandai. “Non ci sarà nessun vestito bianco – rispose mia madre – mi dispiace tanto, ma non so come fare, non abbiamo neanche una mezza lira da spendere, lo sai che il babbo ha fatto la varata ed è andata male, non è colpa sua, pover’uomo, se non ha fortuna. Se potesse ti comprerebbe il vestito più bello del mondo, come a una principessa, ma non si può, non c’è nient’altro da dire e voglio che il discorso finisca qui, mi sono spiegata? Oh, non azzardarti a farti vedere piangere da lui, capito? Non lo sopporterebbe. Con tutte le preoccupazioni che ha almeno questa cerchiamo di risparmiargliela. Comunque anche tu avrai il tuo vestito per la Comunione, la signora Clara mi ha promesso che te ne regalerà uno, vedrai che ti piacerà e sarai bella anche tu come tutte le altre”.                     

Avrei voluto mettermi ad urlare ma risposi semplicemente che andava bene lo stesso, il tono della tua bisnonna non ammetteva repliche.                    

“Il vestito che ti ha regalato la signora Clara ti è piaciuto, nonna?” le chiesi, ansiosa. “È stata la delusione più amara di tutta la mia vita! Il vestito non era bianco, ma di un colore marroncino chiaro, come il caffelatte quando c’è poco caffè, di una stoffa piuttosto ruvida e… insomma: faceva pietà. Mi stava perfino largo. Non pensare che fossi ingrata, perché ogni regalo è sempre da apprezzare, ma io non posso dimenticare l’umiliazione ed il senso di impotenza nel dover mostrare a tutti la mia condizione di bambina povera, una da commiserare e di cui avere compassione. Ma perché, mi chiedevo allora – e me lo chiedo ancora adesso- la signora Clara, pur nella sua generosa offerta, non ha considerato che tutte le bambine si vogliono sentire speciali nel giorno della loro prima Comunione? Sì, tutte, anche quelle povere. In fondo cosa le sarebbe costato comperare della stoffa anche di scarsa qualità, ma di colore bianco? Non so, non ho mai trovato una risposta, ma ti giuro che non ho mai dimenticato quella sensazione di disagio e quella pena che mi attanagliava il cuore nel vedere gli sguardi di compassione delle mie compagne in bianco, verso il mio vestito marroncino, triste come una foglia autunnale in mezzo a tanti fiori di primavera. È per questo che non ho mai più indossato nulla di quel colore in tutta la mia vita, non lo posso proprio vedere. Hai capito adesso la ragione dello schiaffo? Non devi mai dimenticare che non si devono umiliare le persone più deboli. Potevi evitare di far sapere a tutti che quel golfino era tuo, così Ida non sarebbe rimasta ferita nel suo orgoglio e tu non avresti fatto la figura della sciocca che rinfaccia! Ho ragione?”. “Certo, nonna, hai ragione come sempre”.

L’autrice del disegno in copertina è Marabese Martina Trisha, nata a Pisa nel 2003, studentessa del quinto anno del liceo artistico “Gentileschi” di Carrara. Già da bambina inizia a dipingere grazie agli insegnamenti di un maestro d’arte, maturando, in particolar modo, la tecnica ad olio e ad acquerello. In diverse occasioni ha contribuito ad allestire mostre in gallerie d’arte, dedicandosi anche ad una frequente attività espositiva.