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Diari Toscani

Giornale di cultura, viaggi, enogastronomia e società

“Tuono” di Silvia Ammavuta

DiDiari Toscani

Apr 3, 2022

Cecilia è in sala da pranzo, da lontano arriva il rumore di un tuono, la pioggia picchietta sui vetri. La piantana si spegne. Si accende. Si spegne e non si accende più. La sala ora è al buio. Solo il bagliore dello squarcio dei lampi nel cielo la illumina a sprazzi. Nel loro dileguarsi nella notte è tornata l’oscurità. Un piccolo brivido le corre lungo la schiena. Con tocco lieve sposta la tenda di trina dalla finestra, anche la strada è al buio. La pioggia batte forte contro il vetro, Cecilia ci appoggia il naso, un lampo le illumina il viso, il rumore di un tuono più forte la fa scuotere, si ritrae dalla finestra nell’esatto istante in cui dall’altra parte della casa sente la serratura della porta scattare. Rimane ferma qualche secondo, trattiene il fiato. Sente dei passi leggeri nel corridoio. Solleva i piedi lentamente, con le spalle accostate alla parete scivola tastando il muro, è la spalla che incappa nella vetrina antica della nonna, e ne sollecita l’apertura di un’anta, il vetro vibra. Con la mano aperta ferma la vibrazione, intanto che si maledice per non aver chiuso la vetrina con la chiave, la cerca a tentoni scivolando lungo il vetro decorato da losanghe appena sbassate, il lento scivolare del palmo umido produce un lieve rumore sui disegni romboidali. Aspetta con il fiato sospeso lo scatto della chiusura e lentamente, strusciando sulla parete di legno si acquatta al fianco della vetrina sempre con il fiato sospeso. Rincattucciata cerca un respiro che la tranquillizzi e le lasci il tempo di abbassare i battiti accelerati e studiare il da farsi.

Un lampo, e l’ombra di una Figura si allunga sulla parete di fronte a lei, ha un oggetto in mano, lo tiene sollevato. Un nuovo lampo lo illumina, lo vede ergersi nella semioscurità della stanza, ricorda la forma di un bastone. Cecilia spalanca gli occhi, la bocca freme. I passi della Figura adesso sono più lievi, lei allunga un orecchio per captarne la direzione. La pioggia picchia ancora più forte contro i vetri. Cecilia sempre acquattata si sfila le scarpe, fa due passi, poi poggia le ginocchia e le mani sul pavimento e procede a quattro zampe. Con i palmi inumiditi si tira indietro i ciuffi che le sono calati davanti agli occhi e si nasconde sotto il tavolo. I passi si stanno avvicinando, una mano solleva un lembo della tovaglia, sa che non è più al sicuro, arretra sempre carponi senza perdere l’attenzione per quel respiro e quella mano che la stanno cercando e sgattaiola via da sotto il tavolo, un lembo di tovaglia le sposta i capelli in avanti. Si rifugia in camera, si schiaccia dietro la porta, i passi la seguono. Un tuono forte, ne approfitta. Chiude la porta e tenta di girare la chiave ma le sguiscia di mano, per una frazione di secondo si sofferma per dirsi che le chiavi hanno ordito un complotto nei suoi confronti. Incassa la testa nelle spalle nell’attesa prolungata all’infinito che la chiave produca un suono secco nel momento in cui toccherà il pavimento. Lascia la chiave al suo destino e pensa al proprio. Salta sul letto, lo attraversa con due balzi, scende e si accoccola. La porta cigola, una scarpa spinge via la chiave, la chiave pattina sul pavimento, sbatte contro una zampa del letto. Cecilia, nascosta, trattiene il fiato al suono di quel diapason improvvisato. Vicino a lei una mano cerca di prenderla, lei striscia via e sbuca dalla parte opposta. Scappa, i piedi nudi pattinano sul pavimento bagnato, si mette carponi si avvicina al tavolo, solleva un lembo della tovaglia e ci si nasconde sotto. I passi della Figura adesso sono più lievi, lei allunga un orecchio per capire dove si dirigono. La pioggia rinforzata adesso sbatte con fragore contro i vetri. Un lampo, e due mocassini si illuminano un attimo per poi sparire nel buio. Cecilia si ritrae, accoccolata su se stessa, mette la testa fra le ginocchia. Ormai non respira quasi più, sente però un respiro che gira intorno al tavolo, un lampo e una mano solleva la tovaglia per poi sparire nel buio. Si gira dalla parte opposta della mano per scappare, ma la Figura è pronta ad agguantarla proprio da quella parte. Due mani la tirano via da lì, la sollevano.

Cecilia urla, la Figura sogghigna, la stringe, allunga una mano, prende da sopra il tavolo una rosa dal gambo lungo, scoppia in una risata e gliela porge.

Un lampo illumina la Figura e Cecilia mentre volteggiano e ridono. Il buio torna e avvolge, dentro il manto dell’intimità, il loro bacio.

Il disegno è di Matilde Di Dio della IIIB del liceo artistico Artemisia Gentileschi di Carrara.