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Diari Toscani

Giornale di cultura, viaggi, enogastronomia e società

“È stato come vedere una spiaggia senza il mare…”

DiDiari Toscani

Mar 30, 2022

di Emma Neri classe I B liceo classico Emanuele Repetti di Carrara

Marzo 2020: il presidente del consiglio dei ministri annuncia la chiusura delle scuole per due settimane a causa di un virus nato in Cina. Ricordo ancora quel giorno di festa, niente scuola per 14 giorni, sembrava un sogno… io e i miei ex compagni di classe stavamo esultando, perché avremmo saltato il compito in classe di matematica, pure sui social mi apparivano solo foto di festa per la chiusura. Beh forse sarebbe stato meglio fare il compito. I giorni passarono e non si limitarono solamente a quattordici, ci proibirono di uscire, di vedere i nostri cari, ma anche di andare a scuola e al lavoro. “Andrà tutto bene” “Io resto a casa” urlavamo dai balconi, questo virus aveva colto l’Italia, ma soprattutto il mondo alla sprovvista. Vennero inventate nuove tecniche di apprendimento, ancora in uso tutt’ora, ovvero la DAD evoluta in DDI e per i lavoratori lo smart-working. La verità, però, è che la vera classe penalizzata è stata quella degli adolescenti come me, come gli altri alunni di questa scuola e come tutti i ragazzi e ragazze in una fascia d età compresa fra i tredici e i diciannove anni. Tutti li chiamano gli anni più belli, quelli dell’adolescenza, ma gli anni che il virus ci ha regalato non possono essere definiti tali. In un batter d’ occhio ci siamo tutti trovati chiusi in casa, senza la possibilità di uscire per incontraci e conoscere nuovi coetanei, con i quali poter instaurare rapporti che si sarebbero ricordati per tutta la vita. Adesso i ricordi che abbiamo di questi anni sono le video-chiamate su whastapp, facetime e gli incontri sui social. Abbiamo passato un lockdown totale, e altri inferiori, legati a contatti con i positivi che in Italia superavano le decine di migliaia. Quando finalmente abbiamo potuto uscire siamo stati costretti a usare un dispositivo di protezione con il quale facevi fatica anche a respirare. Nate da azzurre e bianche, poi diventate di tutti i colori, le mascherine sono diventate il mezzo indispensabile per la nostra vita, senza cui non potevamo uscire, non potevamo andare a scuola, non potevamo lavorare. Mi ricordo ancora la mia prima uscita con una mia amica dopo mesi e mesi di messaggi, non ci siamo potute abbracciare, né toccare, né mangiare vicine. È stato triste non poter fare più nulla come prima, vedere la nostra città deserta, senza negozi aperti: è stato come vedere una spiaggia senza mare. Successivamente dopo mesi di studi approfonditi siamo arrivati al vaccino, quello che era la via di fuga dall’emergenza nazionale, dalle terapie intensive e dall’aumento continuo della curva dei contagi. E così fu. E dopo il vaccino, per uscire e svolgere tutte le attività, non bastavano più la mascherina o il tampone ma serviva anche il green pass, ottenuto con la vaccinazione. Anche in questo caso molti legami si sono sciolti, perché alcuni non vaccinati non potevano stare nel gruppo e così venivano esclusi. Tutti raccontano che nell’adolescenza hanno lasciato i ricordi più belli: le serate a ballare, le cene con gli amici, il primo amore. Per noi, questi anni resteranno gli anni del desiderio di godersi tutto quello che i nostri genitori e i nostri nonni hanno vissuto e ci hanno raccontato. Alla fine il Covid è stato un bene e un male, ha portato alla morte di amici e familiari a noi cari e ci ha diviso da ciò che per noi adolescenti è la felicità, ma ci ha anche insegnato cosa vuol dire stare con una persona, cosa vuol dire abbracciarsi e stare insieme, anche solo darsi una stretta di mano che è sempre stato un gesto ritenuto scontato e formale. Il coronavirus ci ha insegnato cosa vuol dire avere un rapporto con una persona e cosa vuol dire amare: davamo per scontato il significato di questi termini, invece non vanno dati per scontati un abbraccio, un bacio, prestarsi una matita a scuola e avere quel compagno di banco che ti strappava un sorriso anche nella peggiore delle lezioni. Noi siamo la generazione Z, i ragazzi sopravvissuti a una pandemia globale.