• Sab. Nov 23rd, 2024

Diari Toscani

Giornale di cultura, viaggi, enogastronomia e società

“Due anni di pandemia mi hanno lasciato un senso di disperazione, sconforto e oscurità…”

DiDiari Toscani

Mar 25, 2022

Anonimo liceo Linguistico Montessori Repetti di Carrara

Essere adolescenti ai tempi del Covid è veramente difficile, ma, ancora di più lo è, esserlo in una società segnata dalle conseguenze della pandemia. È chiaro che, ad un primo impatto, si possa pensare che stare chiusi in casa e “vivere”, se così si può dire, con ogni tipo di restrizione sia peggio che avere un po’ più di libertà come adesso. Se, però, si esamina con attenzione la situazione, si può ben capire come questo momento sia quasi più stressante del precedente.

Vivere le conseguenze sull’economia, sulla società e sulle nostre abitudini è destabilizzante. Posso affermare che, dopo la prima quarantena, ho iniziato ad avvertire un senso d’ansia nello stare tra la gente, a non trovare più il piacere nello stare con gli amici, a vivere con un costante senso di incompletezza. Non è l’ansia di contrarre il virus che mi frena, ma l’aver disimparato a stare con gli altri. A causa delle restrizioni le persone hanno smesso di partecipare alle feste, di frequentare luoghi affollati e di organizzare uscite di gruppo.

Il problema più grande è che si è diffusa una sorta di individualismo. Le persone prediligono stare davanti a uno schermo piuttosto che uscire all’aria aperta ed interfacciarsi con altri individui. Anche conoscere nuove persone ci crea disagio, come se queste potessero, da un momento all’altro, essere una minaccia per la bolla in sui ci siamo isolati per proteggerci dall’esterno.

Dopo il Covid posso affermare di sentirmi più spenta, di aver perso gli anni più belli nei quali avrei dovuto divertirmi maggiormente.

Frequentando il liceo linguistico, avrei dovuto partecipare agli stage linguistici organizzati dalla mia scuola, ma, ahimè, queste esperienze sono naufragate, non si sono potute realizzare. Il Covid ci ha portato via anche queste iniziative, lasciandoci con le ali tarpate.

Non è però facile descrivere le proprie emozioni con semplici parole per due ragioni: la prima è che la situazione è tuttora in divenire, perciò è difficile capire con chiarezza come ci si sente di fronte al suo continuo evolversi; la seconda è che non è mai semplice esprimersi in situazioni di sconforto, perché ci si sente senza parole.

Per questo motivo credo che L’urlo del pittore Edward Munch si addica a immortalare parte delle mie emozioni: ben sintetizza, infatti, l’irreparabile perdita dell’armonia tra l’essere umano e il cosmo. Nel protagonista si sintetizza l’angosciante terrore dell’individuo di fronte a una realtà trasfigurata in un incubo. Noi stessi percepiamo il distacco profondo tra il cielo sopra di noi, variegato e il mondo esterno, cupo e annerito dal male.

La scelta di terminare con una riflessione triste è voluta, perché è così che mi sento, questo è ciò che mi hanno lasciato due anni di pandemia, ed è ciò che vorrei trasmettere a chi legge; un senso di disperazione, sconforto e oscurità.