Tra la fine di marzo e l’inizio di aprile del 1945 Carrara era stremata: dalla guerra, dalla devastazione e dalla fame. Erano gli ultimi giorni dei cinque lunghissimi anni di una guerra terribile, ma chi li stava vivendo, ovviamente, non lo sapeva e si aggrappava alle ultime risorse per sopravvivere. Da qualche giorno i bombardamenti sulla città sembravano placati e i soli aerei che sorvolavano la provincia apuana erano quelli degli alleati. In città, tuttavia, il clima era tutt’altro che tranquillo perché la lotta partigiana stava sferrando i suoi colpi più forti. Alcuni degli ultimi dirigenti fascisti locali si erano messi in contatto radio con i loro omologhi nel nord Italia ed avevano passato l’elenco dei maggiori esponenti del Comitato di liberazione nazionale per farli catturare nel corso di una incursione delle Brigate nere. Il complotto, tuttavia era stato scoperto dai partigiani ed aveva innescato un’azione punitiva volta ad “epurare” la città dalla presenza dei fascisti. Incursioni notturne nelle case con perquisizioni e arresto delle fedelissime Camice nere, che venivano portate sui monti, nelle basi partigiane. Insieme ai fascisti, tuttavia, la strada dei monti venne imposta anche agli impiegati del servizio tessere annonarie perché erano state rinvenute ben 5000 duplicati di tessere che andavano ad arricchire la borsa nera dei pochi beni alimentari disponibili. La fame, estremo gradino della disperazione causata dalla guerra, innescava, come sempre, i peggiori istinti o rendeva esponenziale la tendenza ad arricchirsi sulla pelle disperata della gente. Con le tessere annonarie false, persone senza scrupoli, avevano accumulato generi alimentari che rivendevano a prezzi molto più alti o mediante permute assolutamente non proporzionate. Le pene inflitte erano esemplari: gli impiegati che si erano prestati allo squallido gioco vennero bastonati, una dipendente donna del servizio annonario, trovata con 40 tessere false, venne fatta girare per le vie della città coi i capelli completamente rasati e due cartelli al collo, uno davanti e uno dietro, in cui la si indicava come l’affamatrice del popolo affinché chiunque la vedesse potesse esprimere il suo disprezzo. La fame era brutta e spingeva ad azioni brutte. La sede carrarese della Banca commerciale Italiana aveva richiesto al Servizio alimentazione provinciale l’invio di circa 450 chili tra formaggio, salumi, burro e lardo dal Centro Parma, ma il trasporto e il deposito temporaneo dei prodotti nel corso del viaggio erano stati occasioni eccellenti per gli attacchi dei ladri, per cui, tra interventi di recupero e trattative di riscatto delle merci, alla fine, a Carrara ne erano arrivati solo 296. I prezzi, pur essendo stati calmierati per imposizione del C.L.N. viaggiavano sempre su valori assai alti: 140 lire per un chilo di pasta, 100 lire per un chilo di pane nero, 800 lire un chilo di salumi, 750 lire un chilo di formaggio grana, 1200 lire un fiasco d’olio, 23 lire un uovo. Il vino costava 350 lire al fiasco ma era molto difficile da trovare.
Era l’ultima grande fame patita dalla città: di lì a pochi giorni sarebbe arrivata la Liberazione e se anche la fame perdurò per molto tempo dopo la fine della guerra, fu comunque alimentata dalla speranza concreta della rinascita e del ritorno a una normale “umanità”.
Fonte: Diario Banca Commerciale Italiana Succursale di Apuania Carrara 21 giugno 1944 – 22 maggio 1945 di Augusto Ciaranfi
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