La colonia “Balilla” della FIAT di Marina di Massa, fortemente voluta dal Senatore Agnelli, venne progettata su incarico diretto dall’Ingegnere Vittorio Bonadè Bottino nel 1932, e realizzata l’anno successivo nella stagione primaverile del 1933 da mille uomini in soli cento giorni per poter ospitare al mare i figli dei dipendenti della FIAT durante la stagione estiva, contribuendo così a svolgere non solo una funzione sociale, ma anche educativa e terapeutica nello stesso tempo. Le vacanze aziendali non rappresentavano solo uno stacco netto rispetto alla qualità della vita quotidiana dei bambini, in termini di vitto, alloggio, servizi igienici, gioco; costituivano anche, sia pur inquadrate in una disciplina benevolmente rigida, un salto, sia pure provvisorio, verso una forma di modernità e di rapporto sociale organizzato. Nel caso delle colonie Fiat, la cura dei bambini era affidata in buona parte alle suore dell’ordine di Don Bosco che erano chiamate a garantire quell’equilibrio di autorità e di “allegria” che faceva parte del manifesto pedagogico salesiano; infatti Giovanni Agnelli aveva sempre manifestato grande ammirazione e interesse per l’attivismo e la qualità delle loro scuole professionali. Il mondo delle colonie Fiat, negli anni Trenta, aveva conosciuto un periodo aureo. Per i bambini rappresentava contemporaneamente un ‘altrove’ rispetto all’esperienza quotidiana e nello stesso tempo un inserimento precoce nella cultura aziendale, nei suoi simboli e nei suoi valori. L’idea di “colonia”, come realtà separata ma ben caratterizzata da un proprio segno, da una bandiera e da uno spirito di corpo, si realizzò compiutamente in quegli anni, per proseguire anche negli anni di guerra.” Negli anni del dopoguerra, le colonie continuarono a funzionare secondo i criteri e i meccanismi che le avevano alimentate nei decenni precedenti, ma verso gli anni ’60, le colonie Fiat entrarono in crisi, poiché stava cambiando il loro destinatario sociale: il salario maggiore della classe operaia, il nuovo bisogno di autonomia, il rifiuto della divisa e delle uniformità, i diversi valori. Nello stesso tempo, anche il ruolo sociale dell’azienda era mutato: non c’era più motivo di supplire alla famiglia o alla pubblica amministrazione.
L’autorizzazione a costruire la torre risale al 19 gennaio 1933. Venti giorni dopo, il 9 febbraio, la Fiat acquistò alcuni terreni a Marina di Massa, in località Milanino, direttamente in riva al mare e immersi in una pineta di 8000 mq, con una concessione di arenile di circa 100 metri di lunghezza per 120 metri di profondità, in cui furono installati i servizi di spiaggia, fontanili, gabinetti, attrezzi per i giochi, il gran pennone dell’alzabandiera. Una delibera del 13 aprile ’33, testimonia che il 4 marzo dello stesso anno si confermava “l’ordinazione per l’esecuzione dei lavori di costruzioni ed impianti per la sede della colonia marina Fiat […] per l’importo a forfait di £ 1.250.000” alla ditta Mantelli e Corbella di Genova. Contemporaneamente, si iniziava lo scavo per il corpo della torre e delle ali, cominciando poi la fondazione di tutto lo stabile. Grazie al Fondo Delibere dell’Archivio Storico Fiat, in cui sono contenuti anche i pagamenti e il riassunto delle opere e preventivi di spesa, sappiamo che al 30 aprile 1933 si erano concluse: le fondazioni delle scale con plinti e scale annesse, i pilastri sotto il primo solaio dei corpi laterali, parte dei pilastri esterni ed interni della torre e 7 spire dell’elica. Il 16 maggio si costruiva il tetto e il 10 giugno la struttura era conclusa, mancavano solo le rifiniture. Di questa veloce realizzazione (100 giorni, di cui solo 45 per il getto dell’intera struttura), ci riportano notizia anche le fotografie tratte dal diario di cantiere che apparsero su Il Bianco e Rosso, rivista del Dopolavoro Fiat, e che mostravano proprio le varie fasi della costruzione, a 43 giorni dall’inizio dei lavori, dopo 50, 62, 67, 76 e 100 giorni. La colonia venne inaugurata il 23 luglio 1933 alla presenza di numerose autorità locali, oltre che dell’avvocato Edoardo Agnelli, del prof. Valletta e del Segretario Federale di Torino Andrea Gastaldi.
La caratteristica di questa costruzione, destinata ad ospitare ottocento bambini, è la forma a torre cilindrica derivante da una particolare disposizione delle camerate, che si svolgono all’interno della torre stessa sopra un grande nastro ad elica, limitato all’esterno dal muro perimetrale e all’interno dal pozzo centrale. L’interno della torre è dunque un’unica camerata che sviluppata in pianta sarebbe lunga ben quattrocentoventi metri e larga otto metri; il pavimento di questa camerata si svolge sopra una direttrice elicoidale il cui passo è di 2,60 metri. Le camerate sono aperte verso il pozzo centrale e separate dalla rampa a sbalzo, che si sviluppa all’interno del pozzo, da un tramezzo alto circa un metro; la rampa era a sua volta protetta verso il vano del pozzo da una ringhiera alta un metro, costituita da elementi e profili di ottone cromato oggi sostituiti. Il grande pozzo centrale era ricoperto in alto da una semplice soletta in vetrocemento, questi ultimi elementi rimossi e sostituiti nel dopoguerra. Ogni spira ad elica comprende due camerate e l’elemento camerata comprende a sua volta oltreché il dormitorio con 20 letti, il locale della suora e delle sorveglianze, un gruppo di lavabi e un gruppo di servizi igienici. Ad ogni spira poi si ha il pianerottolo dell’ascensore perché i dormitori sono serviti, oltreché dalla rampa ad elica, da un ascensore della capacità sufficiente a trasportare un’intera squadra (30 bambini, una suora, una sorvegliante). L’ultima spira ad elica ha la metà del suo sviluppo occupato da un grande serbatoio d’acqua di circa cento metri cubi alimentato da un pozzo artesiano installato nel sotterraneo e dal quale l’acqua potabile si dirama a tutti i servizi del fabbricato. La torre, alta 52 Mt. con un diametro di 25 Mt. è incorporata in un basamento formato dai primi due piani che forma due corpi laterali di 30 Mt. di lunghezza e di 12 Mt. di larghezza. Nel sottopiano e nei primi due piani del fabbricato trovano sede tutti gli altri servizi della colonia. All’interno, le modifiche più rilevanti ed importanti, eseguite dal dopoguerra in poi, sono la scomparsa del vetro cemento della copertura del pozzo interno e la suddivisione in più camerette comprendenti 4 letti ed un servizio igienico completo di doccia per camera. Rimangono tuttavia le camere per i sorveglianti e gli accessi per ogni spira alle scale di servizio, volute dal Vigili del Fuoco Alla fine degli anni ’70, per adeguarsi alle norme dei Vigili del Fuoco è stato aggiunto un corpo contenente una scala di sicurezza esterna ed un nuovo ascensore (più piccolo di quello già esistente) sul retro della torre per l’adeguamento alle norme di sicurezza.
Attualmente, la colonia conserva ancora le sue caratteristiche funzionali ed essendo stata ampliata, ha accresciuto la sua capacità ricettiva da 800 a 1000 persone e questa destinazione funzionale è destinata a durare nel tempo. Inoltre, benché tutta la costa risulti totalmente urbanizzata, la torre emerge ancora da questo contesto come riferimento visivo ed elemento, se vogliamo, di contrasto rispetto alla morfologia del terreno e alle tipologie edilizie della zona. Fra le molteplici particolarità che costituiscono questo edificio, vi è la particolarità delle “fondazioni”: enormi piramidi tronco-trapezoidali fra di loro collegate da una grande piastra in calcestruzzo che poggiano direttamente sulla sabbia due metri e mezzo sotto il livello del terreno (e quindi sotto il livello del mare che è situato a un metro sotto il livello del terreno sabbioso), favorendo un giuoco di controspinte statiche alle spinte idrodinamiche che “isolano” la torre dagli agenti esterni, creando nei punti di pressione una sorta di sotto vuoto. Per questo motivo, a distanza di quasi novant’anni le fondazioni risultano “magicamente” perfette ed asciutte senza presentare un benché minimo segno di umidità e/o di marcescenza sia del calcestruzzo (di ottima qualità) sia dei ferri delle armature; qualità eccelsa dei materiali da costruzione che si evincono anche esternamente, considerando il fatto che siamo direttamente sul mare, conoscendo bene quali sono i fenomeni degradanti dell’erosione derivante dall’effetto della salsedine sulle strutture cementizie e sugli acciai non adeguatamente protetti.
Da diversi anni la colonia ha cambiato nome e proprietà. Oggi si chiama Torre Marina ed è di proprietà della Società VERVE, e fornisce un servizio turistico completo. Il 29 ottobre 2013, in accordo con la proprietà, abbiamo celebrato gli ottant’anni di vita con una pubblica conferenza alla quale hanno partecipato le scuole e le autorità locali. Il prossimo anno ne celebreremo il novantesimo.
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Fonte immagini:
Archivio Storico Aeronautica Militare Aeroporto Luigi Conti di Cadimare
Archivio personale Arch. Paolo Camaiora
Archivio Storico Fiat
Archivio fotografico Bessi Carrara
Bibliografia essenziale:
Paolo Camaiora “Colonie – Le colonie marine del Littorio sulla costa apuo – versiliese” Edizioni Associazione Culturale Circolo La Sprugola. Anno 2020. ISBN 978-88-942613-7-0
© Foto di Cristina Maioglio