Il fosso, là, era il luogo in cui si trasferirono gran gli abitanti del borgo medievale di Moneta, quando la scarsità d’acqua rese troppo difficoltosa la vita sulla cima della collina. Tra il 1750 e il 1850 nel borgo di Moneta le sorgenti cominciarono a impoverirsi, forse perché deviate da qualche movimento sismico. La popolazione del borgo aveva superato i 100 fuochi, cioè le cento famiglie, già nel ‘500 e il mantenimento del borgo proveniva in buona parte dalla coltivazione dei terreni posti nella piana sottostante la collina di Moneta, dove l’acqua era assicurata dal torrente che univa le acque del canale Valenza e del canale Bertino, chiamato genericamente fosso, e, oggi, canale di Fossola nel comune di Carrara. Il Fosso era il torrente che scorreva “là”, cioè laggiù, sotto Moneta. Fu conseguenza inevitabile che pian piano tutte le famiglie residenti nel borgo medievale, si trasferissero giù al fosso. Quando veniva loro chiesto dove abitavano, in tanti rispondevano “al fosso, là” usando l’espressione che, ormai, identificava la pianura sottostante e che, nel parlato quotidiano finì per essere denominata, appunto: Fossola, nata praticamente da una costola di Moneta.
La rocca di Moneta era sorta come borgo fortificato ed aveva raggiunto un’estensione notevole. La prima citazione di Moneta in documenti ufficiali risale al 1035, nel Codice Pelavicino, che era un grosso volume in cartapecora, appartenente alla chiesa di Luni, nel quale, grazie al marchese Oberto Pelavicino, da cui prese il nome, sono raccolti i privilegi concessi dai papi e dagli imperatori nell’area sottoposta al controllo dei vescovi di Luni. Pelavicino, vissuto a cavallo tra il 1100 e il 1200, era vicario generale dell’imperatore Federico II di Svevia per la Lunigiana, ma pote portare avanti la sua catalogazione solo per pochi anni, prima di essere costretto a lasciare il suo incarico. Il codice da lui avviato, tuttavia, trovò nel vescovo Enrico da Fucecchio, un valido sostituto di Pelavicino e l’opera di registrazione dei privilegi continuò e venne usata per risolvere tutti i contenziosi che si aprivano tra i comuni e i feudatari.
Sulle origini del borgo non ci sono ancora certezze definite. Secondo alcuni studiosi Moneta risalirebbe addirittura all’epoca romana, come piccolo insediamento posto sulle vie che collegavano Luni alle cave. Il nome Moneta, peraltro confermerebbe questa teoria, in quanto riferito al cenacolo della dea Giunone che si trovava a Roma e che era chiamato Juno Moneta Regina, protettrice della città. Esiste comunque anche una leggenda che parla di una famiglia romana dei Monetij o Munatij che sarebbero stati i proprietari della collina e anche una spiegazione che si rifà alla definizione, sempre latina, arx munita, cioè rocca fortificata.
Il ruolo di borgo fortificato e di presidio della zona sottostante è sicuramente evidente: il castello di Moneta, infatti, dominava la strada che accedeva a Carrara e quindi alle cave, e, insieme ai castelli di Ficola e Campiglia controllava la valle del Carrione. C’erano tre cinte murarie a proteggere il borgo e, nel punto più alto della collina c’era il cassero, una struttura militare a forma di quadrilatero protetta da un fossato e da un ponte levatoio, ritrovato negli scavi del 2003. Il cassero era staccato dalle case degli abitanti di Moneta, la cui principale attività era l’agricoltura. Le entrate del borgo erano assicurate anche dai diritti di transito esercitati sulla strada che portava alle cave e che si trovava sul confine tra Luni e la Toscana. Dal codice Pelavicino sappiamo che un certo Bondiero ricevette in dono dal “Castaldo del Vescovo di Luni”, il castrum de Moneta. Da lui il castello passerà poi alla famiglia Pisani e, dopo, a Castruccio Castracani degli Antelminelli, dominatore di Lunigiana e Lucchesia, che, tuttavia, non si interessò molto del destino del borgo. Alla sua morte, a Carrara che aveva firmato un atto di sottomissione, arrivò Gian Galeazzo Visconti. Nel 1402 Moneta venne occupata dal capitano di ventura Giovanni Colonna, che, dopo poco vendette il borgo a Paolo Guinigi, ma, presto, tutta la città finì di nuovo sotto ai Visconti. A metà del ‘400 si aprì la contesa per la proprietà del castello tra Spinetta di Campofregoso, signore di Sarzana, e Giacomo I Malaspina e per dieci anni fu il primo a controllare Moneta, provvedendo anche alla sua ristrutturazione. Ma i Malaspina di Fosdinovo incalzavano e ottennero Carrara e tutti i castelli, compreso Moneta, in cambio di terreni agricoli in Lombardia. Solo allora Moneta smise di avere un ruolo strategico e militare e potè espandersi come borgo, raggiungendo i 500 abitanti e mantenendosi attivo e vitale fino alla metà del ‘700, prima di scendere nel fosso, là.
© Foto di Cristina Maioglio