L’impatto è costante, ovunque vada: Mr. Arbitrium, la scultura gigantesca di Emanuele Giannelli che rappresenta un uomo nell’atto di appoggiarsi ad un muro, non lascia nessuno indifferente e sollecita sempre in chiunque lo osservi: esperti d’arte e non, un’inevitabile riflessione sul suo valore simbolico.
La statua, alta cinque metri e 40 centimetri, realizzata in resina nel capannone di Luigi Bonetti, alla Cittadella del Carnevale di Viareggio, viene installata ogni volta accanto a edifici storici – chiese o palazzi – in modo da far risultare Mr. Arbitrium nell’atto di spingere o di sostenere l’edificio a cui è appoggiato, e la diatriba su quale delle due opzioni sia la più vera va, in ogni luogo, di pari passo con la profusione di selfie sotto i suoi muscoli possenti. Dalla scorsa estate, infatti, i social vengono puntualmente invasi di foto scattate da ogni angolazione possibile della scultura, ricercata quasi al pari di una star, in ognuna delle tappe finora toccate. Dopo Seravezza, Pietrasanta, Carrara, Viareggio, Mr. Arbitrium, dal 20 novembre è esposto a Lucca, appoggiato alla chiesa di San Michele, ma ha già un lungo carnet di appuntamenti in Toscana e nel resto d’Italia, perché l’eco del successo riscontrato in ogni esposizione lo ha reso richiestissimo.
Successo meritato che va ascritto a Emanuele Giannelli, scultore originario di Roma, ma formato all’Accademia di Belle Arti di Carrara, attualmente residente a Pietrasanta, con il quale Diari Toscani ha parlato del viaggio di Mr. Arbitrium.
Quali sono le prossime tappe del tour di Mr. Arbitrium?
Ce ne sono alcune già fissate ed altre sulle quali stiamo ancora trattando. Di certo Mr. Arbitrium andrà a Pisa, poi tornerà in Versilia, a Forte dei Marmi e poi ancora sarà a Pistoia. Stiamo valutando le richieste di Milano e di Roma dove andrebbe accanto alla basilica di San Paolo. Ci è stato richiesto anche da Castelnuovo di Garfagnana, insomma: per i prossimi due anni girerà ancora molto. Nel frattempo io sto realizzando un libro fotografico che raccoglierà tutto il percorso di Mr Arbitrium e che si incentrerà sul concetto del libero arbitrio derivato dalle due idee presenti nella statua: “spingere” e di “sostenere”.
Il gesto in cui è raffigurato Mr. Arbitrium è l’elemento che divide abitualmente la percezione di chi osserva la scultura: sta spingendo giù o sta impedendo che cada? Ci sono anche altre chiavi di lettura, come ad esempio, l’atto di chi, per disperazione si appoggia a un muro…
È molto divertente scoprire le chiavi di lettura che ognuno dà. Forse la più realistica è quella che rappresenta il momento di sospensione in cui si prendono le decisioni. Infatti il sottotitolo dell’opera è La scelta. Può essere la scelta tra spingere e sorreggere i simboli della tradizione, della cultura e della società. È la raffigurazione del momento in cui si pensa a cosa fare. Ma poi ognuno dà la sua interpretazione e questo è il bello della realizzazione di un’opera d’arte. In effetti neanche lo scultore sa bene fin dove arriverà il significato che lui stesso ha voluto dare al suo lavoro.
Dopo le prossime tappe e l’uscita del libro che succederà?
Mr Arbitrium andrà in Svizzera. La scultura è stata comprata da un professionista del campo dell’edilizia che sta realizzando un villaggio a Zurigo, nel quale vuole la installare, ma il villaggio non sarà pronto prima di due anni. Per questo Mr. Arbitrium potrà ancora girare per l’Italia fino a quella data.
I tour espositivi di opere come questa permettono di rientrare dell’investimento fatto per realizzarle?
Avendo venduto l’opera, siamo rientrati delle spese della realizzazione, ma la possibilità di esporre le opere in vari luoghi è molto importante perché porta tantissima visibilità all’autore. Mr. Arbitrium sta lavorando moltissimo al posto mio in questo tour, anche grazie alla diffusione delle immagini sui social. La collocazione di opere in luoghi pubblici e aperti e non in musei e gallerie offre molte più possibilità perché permette la fruizione dell’opera da parte di chiunque e perché riporta la piazza alla sua funzione originaria di agorà cioè sede del dibattito.
La statua è diventata anche un richiamo per “selfie”…
Non è nata con quella finalità, ovviamente, ma i selfie sono, ormai un’espressione di quella contemporaneità che, comunque, l’opera rappresenta e anche quelli contribuiscono a darle visibilità. Anche se pochi di coloro che si scattano foto con Mr. Arbitrium possono permettersi di entrare nel mio atelier e comprare l’opera, contribuiscono ugualmente a far parlare dell’opera stessa.
La scelta del resina rappresenta un superamento del marmo?
No. Non c’è nelle mie intenzioni di fare cose che rendano il marmo superato. Il marmo è un materiale straordinario che, tuttavia, per un’opera di questo genere e dimensione, richiederebbe oneri pesantissimi sia economici, sia ambientali. Per realizzarla in marmo bisognerebbe avere la possibilità di tirar fuori dalle cave un blocco enorme il cui valore sarebbe intorno ai 200 mila euro. L’opera in resina è una maniera diversa di fare scultura, che, comunque, richiede l’intervento manuale dello scultore, ma che permette di stare sul mercato. Per Mr. Arbitrium io ho realizzato il modellino dal quale è stata fatta la scansione con il computer; il robot lo ha riprodotto in polistirolo e poi è stato resinato, ma a quel punto ho dovuto intervenire sulla definizione di mani piedi e volto perché il robot non arrivava alla precisione che volevo. L’effetto finale è stato colto come finto marmo, soprattutto a Carrara, ma l’intento non era quello di fare un finto marmo, che peraltro non si realizza neppure in quel modo. I costi della realizzazione in resina, infine, sono un decimo di quelli in marmo e, comunque, la resina era il materiale perfetto per Mr. Arbitrium perché rendeva molto più semplice e meno costoso ogni spostamento.
Lei sta già lavorando ad altre opere?
Sì. Sono stato per un periodo a Parigi dove mi sono ossigenato dal punto di vista artistico e adesso sono pieno di idee e di energie.
Che rapporto ha con Carrara, la città nella quale si è formato come scultore?
Carrara è una città in cui io torno sempre volentieri. L’impressione che mi dà è che sia una città in cui tutto si è fermato agli anni ’80, quando io studiavo lì e che la globalizzazione che ormai si è diffusa nel mondo, non vi sia mai arrivata. E questo, che forse per i carrarese è fonte di scontento, in realtà mi sembra un valore, perché spesso mi accorgo dei danni gravi che il progresso ha fatto in altri luoghi, per cui mi chiedo se, alla fine, non è meglio essere rimasti immobili come Carrara. Carrara è una città un po’ vintage ma un vintage autentico, non finto. I carraresi dovrebbero avere più autostima nei confronti della loro città.
© Foto di Cristina Maioglio