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Diari Toscani

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Nell’indifferenza del mondo, il grido soffocato delle donne afghane

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Dic 2, 2021

È stato un incontro importante, Resistere – Per chi non si arrende un altro mondo è possibile – In solidarietà con le donne afghane organizzato, giovedì 2 dicembre, dallo Spi Cgil nell’aula magna dell’istituto Zaccagna, che ha dato modo agli studenti di conoscere da vicino gli orrori che i talebani perpetrano in Afghanistan soprattutto sulle donne, diventate invisibili.

Ha aperto i lavori Mary Almarcegui segretaria Spi Cgil Massa Carrara, mentre il professor Riccardo Canesi ha fatto un excursus storico e geografico sull’Afghanistan spiegando le vicende politiche internazionali fino all’accordo di Trump, agito poi da Joe Biden, di ritirare le truppe e lasciare quel popolo in mano ai talebani. È intervenuta poi la poetessa Egizia Malatesta del direttivo Spi Cgil Leg di Massa, che ha portato l’esempio di Nadia Anjuman (Herat, Dicembre 1980 – Herat, Novembre 2005) poetessa afghana uccisa a botte dal marito perché aveva pronunciato i suoi versi in pubblico. Isa Zanzanaini segretaria generale provinciale Flc- Cgil Massa Carrara, ha concluso l’incontro con parole di speranza.
Soraya ha ricordato le cinque attiviste uccise e la donna massacrata perché non ha accontentato gli uomini nel pranzo. Ha raccontato delle donne invisibili, nascoste, per paura di diventare prede dei talebani, delle loro violenze. Ha raccontato delle bambine vendute, di una piccola di sei anni concessa a un uomo di 50, e tante altre, in questa scia di orrore. L’incontro ha dato voce a chi, nel suo paese, voce non ha.

Come dice la senatrice Liliana Segre, deportata e sopravvissuta ai campi di sterminio nazisti, “L’indifferenza è già violenza”. Ecco, tutto il mondo è violenza, perché nessuno, oggi, ha il coraggio di intervenire e porre fine alla tragedia afghana, così come ieri nessuno intervenne per porre fine all’olocausto. Soraya e la sua famiglia, dopo il 15 agosto di quest’anno, hanno lasciato Kabul con un aereo verso l’Italia. Sono stati fortunati perché oggi possono raccontare il dramma del loro popolo, in mano ai gruppi talebani, in mano al terrore. Fortunati come tutti quelli che sopravvissero all’olocausto e alle stragi, e che poterono parlare, raccontare i fatti, le nefandezze del genere umano in preda alla follia criminale. C’è terrore, in Afghanistan, soprattutto per le donne, che sono il nemico numero uno dei talebani.

Non vedevo talebani in giro, ma il terrore era negli occhi di tutti – racconta la giovane ventitreenne Soraya che studiava all’università di Kabul –. Mia madre non era libera e non è andata a scuola. Fortunatamente ha vissuto un periodo di libertà che le ha consentito di liberarsi dal burqa e dalle restrizioni. Ha avuto la possibilità di mandare i figli a scuola. Quando il 15 agosto sono tornati i talebani a Kabul, mia madre era la persona più spaventata tra di noi, aveva paura per le figlie, in particolare, per i figli e il marito che lavorava all’ambasciata italiana. Eravamo terrorizzate, in strada, perché non avevamo il burqa. E le donne non possono uscire senza burqa. Adesso che siamo in Italia la mamma è tranquilla, tutti noi siamo tranquilli, ed è un grande ringraziamento che facciamo a questo paese”. La gente ha provato in tutti i modi di venir via dall’Afganistan e chi non ha potuto ha passato i propri figli oltre il reticolato, per consentire loro un’altra vita, altrove.

Che possiamo fare di fronte a tanta indifferenza?

Attualmente l’Afghanistan sta andando incontro ad una crisi umanitaria. Da quattro mesi i talebani sono al potere e la gente è affamata – ha risposto Soraya -. Non si vede dalle Nazioni unite né da altri paesi nessun aiuto. Cosa fare? Inviare aiuti umanitari in Afghanistan: cibo, vestiti invernali e quello che può servire. Poi, a lungo termine, le politiche internazionali non devono riconoscere i talebani come governo. Ci sono gruppi in Afghanistan che stanno ricevendo aiuti dalla comunità europea, dal sud America , dall’Australia, ma non sono sufficienti: il 94 per cento delle persone è in povertà. Adesso, che anch’io sono salva, dobbiamo agire per supportare quei gruppi che si sono creati in Afghanistan e far arrivare loro tutti gli aiuti possibili”.

Alla fine dell’incontro sono stati dati alcuni omaggi: una maglia simbolo della libertà dello sport, il libro “Pagine da non dimenticare” (di Angela Maria Fruzzetti n.d.r.) dove emerge la forza delle donne sopravvissute agli eccidi nazifascisti, pagine simbolo della libertà di poter leggere, e un mazzo di fiori colorati, simbolo di rinascita.