È il massimo esperto mondiale della scultura di Giovanni Antonio Cybei, artista carrarese vissuto nel ‘700, e da anni conduce studi e ricerche sui rapporti tra Carrara e il resto d’Europa nell’ambito della scultura nel periodo tra il ‘700 e l‘800. Andrea Fusani, 47 anni, carrarese, storico dell’arte, è borsista dottorale del dipartimento di civiltà e forme del sapere dell’Università di Pisa ed è stato membro del comitato scientifico della mostra “Giovanni Antonio Cybei e il suo tempo”, organizzata dall’Accademia di Belle Arti di Carrara, per la quale ha lavorato anche alla guida e agli apparati didattici insieme al curatore Gerardo De Simone. Di recente ha illustrato parte dei risultati delle sue ricerche relative alla produzione di copie di statue nella Carrara settecentesca nel convegno dedicato a “La fabbrica della copia a Firenze e a Napoli tra Sette e Ottocento”, organizzato dal Museo degli Uffizi e diffuso in streaming su Facebook. È un momento di grande attività e di ottimi riscontri per lo storico dell’arte originario di Carrara che ha parlato del suo percorso e dei progetti futuri con Diari Toscani:
Storico o critico dell’arte? Due figure spesso confuse.
Io sono uno storico dell’arte e, come tutti gli storici, mi sono specializzato in un segmento preciso che è quello della scultura del ‘700 e dell’800. Non voglio invadere altri campi e non sono un critico d’arte.
Come è nata la sua passione per l’arte e per la scultura?
Mio padre era un marmista e aveva un piccolo laboratorio. Io sono nato in mezzo al marmo e in mezzo agli scultori. Li vedevo lavorare la pietra e le statue che essi realizzavano mi parevano quasi delle magie. Era inevitabile subire la fascinazione per la scultura che è comune un po’ a tutti i carrarini che sono cresciuti giocando coi sassi di marmo e vedendo poi come il marmo veniva trasformato nei laboratori. E poi ho scoperto la ricchezza della storia artistica di Carrara che è così ricca, affascinante e unica. Tutte le città hanno una storia locale ma quella di Carrara si distingue perché, attraverso la scultura, la mette in relazione con tutto il mondo da secoli. Già nel ‘700 esistevano fili che legavano Carrara a Parigi, a Berlino, alla Prussia e persino all’America.
E invece la passione per Cybei da cosa si è sviluppata?
Quella è nata in momento ben preciso che mi piace ricordare. Nel 1996 a Massa e a Carrara venne organizzata la mostra dei Marmi degli Zar, suddivisa in due esposizioni a Palazzo Ducale e in Accademia. Visitai la mostra e mi si aprì un universo sulle possibilità che c’erano di studiare i rapporti tra la Carrara del tempo degli zar e il resto dell’Europa. In quel contesto mi accorsi che Cybei veniva considerato tra i massimi esponenti della scultura, dai suoi contemporanei ma era ormai quasi completamente dimenticato. Così comincia a dedicarmi allo studio della sua opera.
Come mai, nonostante la grande fama acquisita in vita, il suo ricordo finì nel dimenticatoio?
Innanzitutto perché le sue opere monumentali, cioè quelle che gli diedero la maggior celebrità, vennero tutte distrutte. La statua di Maria Teresa venne distrutta nel 1814, quella della zarina fu abbattuta durante la rivoluzione del 1917. Poi, sicuramente, Cybei patì la grande sfortuna critica della scultura del ‘700 e pagò con l’oblìo, l’essere stato uno degli ultimi rappresentanti di quell’Ancient Regime, spazzato via violentemente dalla Rivoluzione Francese.
Anche la sua città natale lo dimenticò sebbene lui sia stato il primo direttore dell’Accademia di Belle Arti…
Carrara, notoriamente, non ha una grande memoria. In genere si concentra soprattutto sul presente e non considera nemmeno il futuro. Devo dire, tuttavia, che negli ultimi anni le cose sono un po’ cambiate. Ho riscontrato un rinnovato interesse per la storia artistica locale e ho constatato una maggiore sensibilità da parte dei cittadini verso le iniziative, quando sono fatte per bene. Spero, per il futuro, che le istituzioni abbiano voglia, interesse di proseguire in questo percorso perché a Carrara non mancano certo né gli argomenti né gli spazi espositivi.
Con la mostra “Giovanni Antonio Cybei e il suo tempo” curata da Gerardo De Simone e Luciano Massari, finalmente Carrara ha reso il dovuto tributo al grande scultore. Cosa ha rappresentato per lei collaborare a questa iniziativa?
Per me è stata una grandissima soddisfazione, ovviamente ma vorrei che quella mostra fosse un punto di partenza e non un punto di arrivo nella riscoperta dello scultore Cybei che, finalmente, è tornato ad occupare il giusto posto nella storia dell’arte. In questo, spero di poter collaborare ancora con la monografia dedicata a Cybei a cui sto lavorando da anni e che ormai è in fase di ultimazione. In essa ci sarà, per la prima volta. Il catalogo completo di tutte le sue opere.
Quando uscirà quest’opera?
Conto di farla uscire entro pochi mesi. Probabilmente a inizio 2022.
Nel frattempo, comunque, ha continuato le sue ricerche sulla produzione di copie che caratterizzava Carrara nel ‘700…
Sì, ho raccolto moltissimi dati riuscendo ad attingere a una gran quantità di fonti inedite. Da questi dati, che saranno pubblicati l’anno prossimo, è emerso un quadro più dettagliato di Carrara nel periodo napoleonico, cioè sotto il governo di Elisa Bonaparte Baciocchi. La cosa più evidente è il ruolo assolutamente centrale ottenuto da Carrara come centro di produzione di scultura. Addirittura divenne il centro principale dell’Europa per la produzione in serie dei busti e delle statue di Napoleone. Il periodo di Elisa Baciocchi fu di grande fervore artistico per la città che era abitualmente frequentata da tutti gli scultori francesi del tempo. Elisa aveva dato un impulso incredibile alla scultura e all’Accademia e praticamente controllava ogni attività commerciale e artistica tramite la Banca Elisiana che aveva fondato apposta per promuovere il marmo di Carrara.
Il suo legame con Carrara è molto forte…
Carrara rappresenta le mie radici e io le tengo ben salde. Nei miei studi parto sempre dalla mia città come riferimento, ma amplio il raggio d’azione a dimensioni molto più grandi del locale, per evitare di racchiudere tutto in una dimensione troppo circoscritta.