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Diari Toscani

Giornale di cultura, viaggi, enogastronomia e società

Tra natura e otium: la villa romana del Varignano a Portovenere

DiVinicia Tesconi

Ott 1, 2021

Era il luogo in cui godere i piaceri della vita: il riposo, la natura, le terme, il paesaggio, l’agricoltura. Il tutto finalizzato, principalmente, al ristoro dell’anima, al creare le condizioni ideali per pensare e meditare perché queste attività, per gli antichi Romani, non erano una perdita di tempo, ma momenti di vitale importanza. La villa era il luogo deputato per la cura dell’anima e, forse, per questo, il termine, che in origine indicava una casa di campagna sicuramente più dimessa della “domus” in cui i ceti più abbienti vivevano in città, finì per passare, nel tempo, ad indicare, al contrario, le abitazioni più prestigiose e confortevoli.

La villa, abitata dai villici, cioè dai contadini – persone in genere meno raffinate e meno colte: di qui il dispregiativo “villano” – era sostanzialmente una fattoria in cui il signore andava a passare del tempo per rilassarsi, oltre che per curare la gestione della coltivazione dei terreni di sua proprietà. Il ritmo, già allora, meno frenetico della vita di campagna invogliava a soggiornarvi con regolare frequenza, per cui le ville cominciarono ad essere abbellite sia nella struttura, sia nei servizi, per rendere il più gradevole possibile il periodo della residenza dei padroni.

La villa del Varignano vecchio, nella in località Le Grazie di Portovenere in provincia di La Spezia, venne costruita con le tipiche finalità delle ville romane del periodo che va dal I secolo avanti Cristo fino al II dopo Cristo. Si trovava al centro di un grande fundus agricolo, che raggiungeva i 30 mila metri quadrati, nelle terre liguri appena conquistate dai romani nel corso del II secolo avanti Cristo. La posizione era di straordinaria bellezza: immersa negli ulivi, sospesa tra mare e cielo, baciata dal sole. Accanto alla produzione di olio, realizzata secondo i principi rigorosi teorizzati da Catone nel suo De agri cultura, c’era il culto dell’otium latino, cioè la cura dello spirito e della mente.
La villa del Varignano aveva torchi e macine per produrre l’olio, spazi destinati a conservare l’olio nelle giare, ma aveva anche una struttura termale privata ad uso dei proprietari della tenuta e dei loro ospiti. Una sorta di antesignano agriturismo con spa.

La prima struttura della villa risale alla fine del II secolo avanti Cristo e era articolata in sette ambienti, molti dei quali decorati con mosaici e dipinti. C’erano due blocchi rettangolari vicini, ma non comunicanti: la domus in cui alloggiavano i proprietari e la casa in cui vivevano i contadini e le loro famiglie. C’era, poi, una zona destinata alla produzione dell’olio, la pars fructuaria, in cui c’erano le macchine per la spremitura, la sala dei torchi con le presse in pietra, le vasche in cui veniva fatto decantare il prodotto e la cella olearia capace di ospitare fino a 50 giare piene di olio. La villa aveva un cortile coi portici e, in epoca successiva, una cisterna per l’acqua che, con un sistema di tubi in piombo alimentava anche l’area termale, il balneum, che aveva vasche di acqua calda e fredda disposte intorno a una grande vasca centrale con fontana. La presenza di terme private è una circostanza rara nelle ville romane del nord Italia e conferma l’alto livello sociale ed economico dei proprietari. Lo splendore della villa del Varignano durò per tutti i primi secoli dell’impero romano ma, inevitabilmente andò scemando quando venne interrotta la produzione dell’olio e quando un innalzamento del mare rese pericoloso e malsano il sito in cui era costruita. Questi elementi portarono al definitivo abbandono nel VI secolo dopo Cristo. La meravigliosa villa andò in rovina e ci vollero secoli prima che qualcuno decidesse di riprendere la coltivazione di uva e olive nei terreni di pertinenza della struttura. Lo fecero nell’anno Mille dei monaci benedettini: della villa del Varignano erano rimasti solo ruderi che i religiosi usarono come terrazzamenti agricoli. Tra il ‘600 e il ‘700 la villa tornò ad assumere il suo aspetto originario di fattoria con la costruzione di tre casali agricoli e con l’antica cisterna ormai vuota, usata come stalla e come deposito attrezzi.

La scoperta dell’importante sito archeologico della villa romana del Varignano, tra i migliori conservati per i macchinari della produzione dell’olio, venne fatta nel 1967 e gli scavi durarono fino al 1986, sebbene anche di recente sia stata rinvenuta una preziosa statua in marmo lunense che raffigura la dea greca Igea, per i romani Salus, dea della salute, che risale al II secolo dopo Cristo che verrà inserita nella collezione museale del sito di prossima apertura.

Il percorso di trekking fino alla villa romana del Varignano è particolarmente gradevole. Si raggiunge la scalinata del cimitero delle Grazie e sulla sommità si svolta a destra dove si trova l’ingresso della villa romana del Varignano e si prosegue, poi, fino ad arrivare sulla statale per Portovenere. Si attraversa e si procede in salita seguendo il viottolo comunale di Sant’Antonio. Superata la chiesetta si continua a salire lungo la strada sino all’imbocco del sentiero CAI 518 o dal 519. Una volta arrivati in quota si svolta a sinistra e si prosegue tra un’alternanza di bosco, macchia e terrazzamenti coltivati che portano al sentiero per raggiungere il Rifugio Muzzerone. Da qui scendendo per il sentiero CAI519 si torna a Portovenere godendo di una vista spettacolare. Il ritorno alle Grazie è garantito da un servizio di autobus.

© Foto e percorso di Cristina Maioglio