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Diari Toscani

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Silvano Sergiampietri: “Il carroponte di Marina di Carrara l’ho costruito io”

DiVinicia Tesconi

Set 14, 2021

Per più di 50 anni è stato al suo posto, dentro al cantiere navale di Marina di Carrara, in linea con il viale Vespucci che costeggia il porto, il cantiere e il mare, rivolto verso i monti e il cuore della città. Gigantesco, imponente, potente, simbolo di un cantiere che cresceva e della certezza, per tante famiglie, di anni di lavoro. Forse per questo, pur non essendo altro che un enorme strumento di lavoro, il carroponte del cantiere di Marina di Carrara, fu sempre visto con occhio benevolo dai carraresi, storicamente ipercritici, se non addirittura ostili alle novità, specialmente quelle che irrompono concretamente nel panorama cittadino.

E il carroponte, in questo senso, entrò addirittura a gamba tesa: era talmente grande che era possibile vederlo anche dai paesi sulle colline intorno a Carrara e persino dalle vette delle Apuane. Un vero e proprio punto di riferimento geografico per tutta la costa apuoversiliese e per il primo tratto della costa ligure, il cui monopolio nello skyline costiero era contrastato solo dalla Torre Fiat a Vittoria Apuana. Per capire dove si trovava Marina di Carrara, da Monte Marcello o da Santa Lucia o dalle montagne massesi bastava individuare la sagoma del carroponte, che ricordava un po’ un grosso ragno stilizzato con sole quattro zampe o un enorme pi greco maiuscolo. Non era un monumento e non era neppure bello, per quanto la bellezza non sia tra i requisiti di una gru, ma era entrato negli occhi e nel cuore della gente del posto, tanto da assurgere a simbolo di Marina, molto più di altre cose strettamente legate alla storia locale. Un simbolo strano, tuttavia, che è sparito in silenzio, senza quasi che nessuno se ne accorgesse, non per disaffezione ma, più probabilmente, per essere stato così tanto parte dello sguardo quotidiano sulla città, da non essere più visto e da non far percepire nemmeno la sua assenza, ma il destino del carroponte è sempre stata la demolizione. Una tecnologia è buona fin quando non viene superata e che verrà superata è una certezza, perché ogni punto di arrivo è sempre una partenza. Quel che resta in mezzo è il tempo necessario per arrivare alla nuova tappa, che, nel caso del carroponte è stato un tempo talmente lungo che avrebbe potuto farlo passare direttamente nella categoria, protetta, dell’archeologia industriale, se non fosse arrivata prima la necessità di demolirlo, ma se molti carraresi non si sono ancora accorti della sua demolizione, a qualcuno quel carroponte è rimasto nel cuore, perché ha contribuito a disegnarlo, progettarlo e costruirlo. La sua storia si intreccia con quella del carroponte e mescola coraggio, passione, intraprendenza, successo, rovesci di fortuna e ripartenze. La storia del carroponte e di Silvano Sergiampietri:

Lavoro da 60 anni, sempre nei cantieri navali. Il mio sogno era navigare e per questo avevo scelto di fare la scuola motoristica educazione marinara Enem, nella quale si studiavano i motori. Era un avviamento al lavoro di tre anni, che poteva essere completato con altri due anni a La Spezia che ti permettevano di diventare direttore di macchine navali, un percorso che poi venne trasformato nell’istituto nautico.
Nel 1962, poco prima dell’esame conclusivo, il cantiere di Marina di Carrara era in crescita e assumeva molti giovani, per questo diede agli alunni dell’Enem la possibilità di fare domanda per essere assunti e io venni subito preso. Avrei voluto continuare a studiare, ma per esigenze di famiglia sono entrato in cantiere. Pensavo che sarei stato assegnato al reparto motori e invece, siccome ero ancora un ragazzino esile e piccolo, mi misero a fare il tracciatore navale.
All’epoca non c’erano i computer e le navi venivano disegnate e poi riportate in scala uno a uno, per poter poi suddividere i vari pezzi da realizzare ed assemblare. Venni mandato nell’enorme sottotetto del capannone in cui si costruivano le navi, dove dovevo tracciare le linee di quella che sarebbe stata la nave.
Dopo nove anni da tracciatore e un anno e mezzo di militare in Marina, uscii dal cantiere di Marina per andare a lavorare in un nuovo piccolo cantiere alla foce del fiume Magra che stava nascendo proprio in quel momento e che mi offriva la possibilità di una maggior crescita professionale. All’epoca il nuovo cantiere si chiamava ArteMare, poi divenne EuroMare e oggi è Metalcost. Ed è lì che abbiamo costruito il carroponte di Marina, arrivato in un momento storico molto particolare per il cantiere apuano.
L’azienda di Bocca di Magra per cui lavoravo era in grande crescita ed espansione grazie ai lavori di carpenteria che faceva per il cantiere Inma di La Spezia. Nel 1973 i cantieri Apuania erano, invece, in crisi e gli operai avevano dato vita a una lunga protesta con un sit-in fuori dalla azienda che durava da giorni. A La Spezia arrivò una commessa per tre navi da trasporto gas, che erano molto più grandi e più complesse di quelle che erano state fatte fino ad allora, perché dovevano avere serbatoi capaci di arrivare a meno 38 gradi per trasportare il gas. Era una tecnologia nuova di cui avevo esperienza perché avevo già lavorato a una gassiera con il nuovo cantiere. Per portare a termine tale commessa fu necessario coinvolgere anche il cantiere di Marina e io feci da intermediario per favorire il superamento della burocrazia necessaria e avviare i lavori, anche in maniera rocambolesca, perché organizzai il trasporto notturno della prima parte dello scafo di una delle tre navi, costruito a Bocca di Magra, all’interno del cantiere di Marina, mentre era ancora in corso la protesta degli operai. L’operazione funzionò e venne attuato l’accorpamento tra il cantiere di Pietra Ligure, che doveva realizzare i serbatoi di acciaio inossidabile, quello di Carrara che doveva fare la struttura in ferro della nave e quello di La Spezia che avrebbe assemblato tutte le parti. Le tre gassiere vennero realizzate dando lavoro al cantiere apuano per 10 anni.
Il cantiere di Marina, con quell’accordo, fece un salto di qualità passando dalla costruzione di piccole navi in maniera artigianale, a quella di navi di grandi dimensione in produzione industriale. Fu per costruire quelle navi che Nca decise di dotare il cantiere di un carroponte.
La dimensione delle navi non consentiva più l’uso delle gru e dei carrelli, mentre il carroponte garantiva la possibilità di caricare fino a 200 tonnellate totali. Il carroponte venne portato a Marina nel 1974. I vari blocchi di cui era composto li avevamo fatti nel cantiere sul fiume e poi li avevamo trasportate via mare fino a Marina. Avevamo realizzato la trave, che era lunga 150 metri ed era fatta a croce, con tre gambe. La croce era larga circa 40 metri, mentre la trave principale era alta sette metri e larga cinque, anche sembrava molto sottile da lontano. Al di sotto della trave, che era alta 50 metri, c’era un gancio che sollevava 100 tonnellate e poi c’erano due ganci laterali da 50 tonnellate ciascuno. La gru movimentava i pezzi che andavano a formare la nave, che erano lunghi anche 30 metri.
Con il carroponte, in seguito, vennero realizzate navi ancora più grandi come i traghetti della Grimaldi, per i quali fu necessario allungare il bacino del cantiere. Il progetto del carroponte ci era arrivato da Genova e noi avevamo realizzato tutta la carpenteria, ma non i motori. Fu un’impresa portarlo dal fiume fino a Marina perché non passava dal ponte di Fiumaretta, che era più piccolo di come è adesso. Le ali della trave erano più grandi della campata. Furono necessarie due chiatte e una manovra molto particolare per poter uscire dal Magra e dopo essere stati anche spiaggiati per un po’, siamo riusciti a portare il carroponte a destinazione. Prima abbiamo portato la trave, poi le gambe e con delle gru è stato sollevato e imbullonato, con la mia personale angoscia, perché non avevamo potuto fare alcuna prova, per cui non avevamo la certezza che tutti gli incastri e i buchi dei bulloni corrispondessero perfettamente. Per completare il montaggio ci vollero sei mesi, ma da quando il carroponte fu operativo lavorò ininterrottamente per molti anni. Fino a diventare obsoleto rispetto alle esigenze del mercato, e all’evoluzione tecnologica del secondo decennio degli anni duemila”.

La carriera di Silvano Sergiampietri decollò di pari passo con il successo del carroponte. La sua grande esperienza e la grande attenzione ad ogni tipo di nuova tecnologia in ambito nautico lo portò a diventare uno degli esperti più ricercati del suo settore, chiamato ai tavoli decisionali di Fincantieri e di altre grandissime realtà industriali internazionali. Da Marina di Carrara, dove aveva sede la ditta di ingegneria navale Nauticad srl, da lui fondata con quattro colleghi di lavoro, arrivò a collaborare con i maggiori cantieri navali italiani e esteri, fino ad aprire un sito produttivo in area ZIA, la zona industriale tra Massa e Carrara. Dopo l’ingresso nella società di Aerosoft s.p.a. dovuto alla difficoltà nel reperire gli investimenti adeguati, lui e i suoi soci, a causa di diverse opinioni sulla gestione dell’azienda, si dimisero, non senza dispiacere ma, data la grande competenza maturata non ebbero problemi a vedersi assegnare ruoli di rilievo nei grandi cantieri della nautica. L’esperienza, la dedizione, l’impegno hanno riportato Silvano Sergiampietri sempre in sella e non gli permettono, neanche adesso, di godersi la pensione, per quanto, forse, il non far nulla non sarebbe proprio la sua dimensione. In mare, come sognava da ragazzo, non c’è andato, ma sul mare è rimasto sempre, come il “suo” carroponte e con orgoglio e un filo di commozione, lui che con rimpianto lo ha visto rottamare, lo ricorda dicendo: “ Quello, l’ho costruito io”.

© Foto di Daniele Canali (in copertina) e Archivio Michelino