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Diari Toscani

Giornale di cultura, viaggi, enogastronomia e società

Massa: murales allo stadio di Romagnano, intervista a LM e Ec Island

DiVinicia Tesconi

Ago 31, 2021

C’è arte, c’è passione, ci sono speranze di artisti e di persone, ci sono sogni che cambiano la realtà. C’è cuore, soprattutto nel bellissimo progetto dei murales sul muro di recinzione dello stadio Raffi di Romagnano, frazione di Massa, ormai prossimo alla sua conclusione. Il cuore di due artisti locali che hanno voluto regalare una possibilità di rinascita a un luogo ormai segnato dal marchio dell’incuria e del degrado sociale e ambientale. Un biglietto per passare, da zona da evitare, a meta di tour turistici per scoprire l’opera dei due graffitari locali, uno massese e uno carrarino, e il lancio delle loro carriere nel mondo della street art. Sono Luca Marchini e Ec Island: con loro Diari Toscani ha parlato del progetto di Romagnano e delle loro storie.

Il suo nickname sono le sue iniziali: LM, Luca Marchini, e a lui si deve l’idea e la realizzazione di gran parte dei murales. 37 anni, massese di Romagnano, lavora in un autosalone e da sempre ha la passione per i graffiti, anche se ha cominciato a farli in maniera professionale solo da una decina d’anni. Ha affinato autonomamente la sua tecnica basata, soprattutto, sul ritratto a pennello, partendo prima dai quadri con i collage di foto, passando poi ai ritratti dalle foto e infine approdando ai graffiti. L’idea dei murales è sua. Lui in quel campo ha fatto tutte le giovanili di calcio col Romagnano e in quel quartiere, Castagnara, nel blocco delle case popolari, ci è cresciuto. Lui, come tutta la gente del luogo ne conosce i punti deboli e ne ha patito i pregiudizi, più o meno fondati che hanno affibbiato alla zona il marchio del degrado e della scarsa raccomandabilità. Il campo, cioè lo sport, è sempre stata la via di salvezza sana e, adesso, anche l’inizio di un bellissimo riscatto.

Come è cominciato il progetto dei murales?

LM: È cominciato con il ritratto di Bob Marley che avevo fatto nel muro che segna il confine tra il supermercato e il campo. Dopo ho realizzato un ritratto di Homer Simpson per il piccolo bar del campo sportivo che è gestito da alcuni miei familiari. Quel graffito è piaciuto ai responsabili del campo che mi hanno incoraggiato a farne altri e si sono attivati a chiedere i permessi necessari. Inizialmente, essendo un appassionato di calcio, avevo pensato di fare tutti ritratti di calciatori. Così ho iniziato con Maradona perché per me lui è il più grande di tutti, e anche perché è stato un campione del popolo. Mi sono ricordato della decisione di Maradona di far giocare il Napoli in un campetto di periferia per un evento di beneficenza a favore di un bambino malato. Dopo Maradona ho realizzato il ritratto di Roberto Baggio, che considero il più grande calciatore italiano. Avrei voluto mettere anche un campione della Juve, che è la squadra per cui tifo, ma ho preferito desistere perché qua sono quasi tutti milanisti e si sarebbero innescate inutili polemiche e forse anche danneggiamenti. A quel punto però ho deciso di inserire campioni di altri sport e ho fatto Muhammad Ali, ma in seguito ho lasciato perdere lo sport e mi sono buttato sui personaggi che per me sono stati significativi, quindi: John Lennon e David Bowie. Devo ammettere che avevo un po’ dimenticato di inserire delle donne e quando me l’hanno fatto notare ho subito recuperato con i ritratti di Frida Kahlo e di Amy Winehouse.

Ha avuto aiutanti?

Sì, due amici che mi hanno passato i materiali e aiutato a valutare la prospettiva, ma i dipinti li ho fatti da solo.

E da solo ha sostenuto i costi dell’opera?

All’inizio sì. Poi ho messo una cassettina al bar in cui, chi voleva, poteva mettere un contributo per i murales e man mano che l’opera è andata avanti sempre più persone sono venute per sostenere economicamente l’impresa. Alla fine sono rientrato dei costi all’80 per cento, ma il risultato di gradimento e di visibilità che questi murales hanno portato è stato molto più grande. Praticamente la mia carriera di street artist e di pittore è esplosa grazie alla pubblicità innescata dai murales. Ho ricevuto molte richieste per quadri e per graffiti e sinceramene spero di potere, presto, dedicarmi solo a questa attività.

Come è nata la sua passione per la pittura?

Non ho fatto studi artistici, quindi sono autodidatta. Disegnare mi è sempre piaciuto sin da quando ero un ragazzino e facevo graffiti ovunque. Poi ho cominciato a fare quadri per me, da mettere in casa. Alcuni amici li hanno visti e hanno voluto delle copie, e così ho cominciato a dipingere professionalmente.

I murales di Romagnano hanno avuto effetti positivi sulla realtà della zona?

Credo di sì. Questa zona prima era molto più degradata. Sembrava il Bronx e tanti avevano paura a venire qua. Quando abbiamo cominciato a fare i murales tante persone che vivono qui sono venute a complimentarsi per quel che stavamo facendo e a portare i bambini a vedere i graffiti. Adesso arriva molta gente, anche non residente, che viene apposta per vedere i murales e a fotografarli. Arrivano anche molte famiglie con bambini e si ha l’impressione che tutto sia diventato più bello e tranquillo.

Questa forma d’arte è legata ai social dove è diffusa tramite fotografie e dove si misura con il numero dei follower, ma sono davvero i follower che decretano la bravura di un artista assai più del valore della sua opera?

Il numero di seguaci di uno street artist sicuramente gli assicura molte e più importanti commissioni. Spesso accade che a parità di qualità del lavoro si venga scelti per il maggior numero di follower.

Quanto tempo ha impiegato per realizzare i murales?

Ho cominciato circa due mesi fa. Per fare una parete a pennello ho impiegato sette o otto ore. Ormai siamo quasi alla fine. Io ho finito con i ritratti, mancano le parti decorative che farà Ec Island e poi la scritta finale che sarà Welcome to Romagnano.

Ec Island, il nome è rigorosamente d’arte, ha un tratto distintivo – il cuore – quasi il marchio di fabbrica della sua produzione. La sua firma, in pratica e l’elemento che gli ha aperto la strada verso la carriera di street artist. E il cuore, o meglio, tanti cuori, sono il suo contributo al progetto di Romagnano; trentacinquenne graffittaro carrarese autodidatta, ha scoperto la vocazione per l’arte dei murales da circa sette anni, al ritorno nella sua città d’origine e dopo aver a lungo vissuto fuori.

Come è arrivato ai murales di Romagnano?

Ec Island: Per la mia amicizia con Luca Marchini. È stato lui a coinvolgermi parlandomi del suo progetto che mi è subito sembrato molto bello. I murales sono stati praticamente commissionati dagli stessi abitanti della zona che volevano fare qualcosa per riqualificare il quartiere abbastanza degradato. Luca è originario di lì e conosce bene la zona e ha avuto l’idea dei murales.

Avete fatto un piano comune oppure ognuno ha lavorato singolarmente?

Ci siamo limitati ad alternare i soggetti disegnati da Luca con le mie parti decorative perché io sono arrivato qualche giorno dopo che il lavoro era iniziato.

E lei ha portato i suoi cuori. Come mai questo soggetto ricorrente?

Perché mi piace molto. La mia passione per la street art è nata da un periodo di forte delusione esistenziale che ho passato nella quale c’entrava anche l’amore. Da allora dipingo quello che tutti cercano e non tutti hanno. Mi piace parlare d’amore.

Qual è stata la sua formazione artistica?

Sono autodidatta. Faccio graffiti con le bombolette spray e dipingo anche quadri coi pennelli. Ho cominciato da solo e poi, grazie ad Instagram, dove postavo le foto dei miei lavori, ho avuto un buon riscontro di pubblico e ho cominciato a ricevere alcune commissioni, ma non è semplice per questo tipo di arte.

In che senso non è semplice?

Non è facile avere commissioni, sia perché per fare un graffito è necessario un permesso rilasciato dal comune, almeno per quelli che riguardano le facciate degli edifici, sia perché, spesso, specialmente a Carrara si preferisce chiamare un artista che ha almeno 2 mila follower, per cui si danno poche occasioni agli street artist locali di crescere in esperienza e popolarità. È un cane che si morde la coda, ed è una difficoltà in più che dobbiamo sormontare. Con questo non voglio certo sminuire la bravura dei grandi nomi della street art, sia chiaro. Ad esempio l’operazione Kobra (il murale raffigurante il David di Michelangelo realizzato nella cava Cima Gioia dall’artista brasiliano Eduardo Kobra n.d.r.) è stata sicuramente fondamentale per il richiamo turistico che ha innescato e per l’attenzione accesa su questo tipo di arte figurativa, ma accanto a questa dovrebbero esserci interventi più piccoli, affidati agli artisti locali per aiutarli ad arrivare al livello di Kobra. Fra l’altro, in tutta la provincia, siamo in molti a occuparci di street art. Dopo un periodo di calo d’interesse da qualche anno è tornato ad aumentare il numero dei graffitari locali.

Per questo, spesso, gli street artist ricorrono ai murales abusivi?

Quelli sono un modo per farsi conoscere, anche se si rischiano denunce, che comunque portano pubblicità, ma per i murales abusivi non ci sono commissioni e i costi sono tutti a carico dell’artista. Più facile che accada che lavoriamo a nostre spese per progetti legali, sempre per farci conoscere. Come è accaduto a Romagnano per la mia parte. La collaborazione a questo progetto mi ha portato molta visibilità e anche qualche commissione di quadri e di murales ed è stata un’esperienza esaltante perché molto partecipata dalla gente del luogo. Ogni giorno venivano persone a vedere come procedeva il lavoro e a farci i complimenti o a ringraziarci per aver contribuito a rendere più bello il loro quartiere.

Che costi ha un murale?

Dipende dalle dimensioni e dalle condizioni del muro. A volte capita che prima di iniziare a dipingere si debba sistemare o rifare l’intonaco. Siamo anche un po’ muratori, in effetti. Poi dipende dalla tecnica usata. Io ad esempio, uso le bombolette spray che hanno un costo intorno ai cinque euro l’una e per un murales di medie dimensioni ci vogliono dalle 15 alle 20 bombolette più la base per fare il fondo. In più servono, spesso anche scale e ponteggi che hanno costi e anche rischi per l’artista. Io, ad esempio, sono caduto tempo fa e mi sono rotto un braccio. E infine, ovviamente c’è il nostro lavoro.

Quanta libertà hanno gli street artist quando ricevono una commissione?

A volte ci lasciano carta bianca, altre i committenti fanno richieste precise alle quale ci conformiamo pur mantenendo il nostro stile. Ovviamente chi ci chiama lo fa sulla base delle immagini dei nostri lavori che ha visto, quindi conosce il nostro modo di dipingere.

Come gestisce il problema dell’inevitabile deperibilità delle opere?

Quando lavoro su commissione uso prodotti di rifinitura finale, come il flatting, per fare aderire meglio la pittura all’intonaco. Questo salvaguarda un po’ di più l’opera, ma se è esposta ad agenti esterni molto importanti è inevitabile che si deteriori. Per farle durare più a lungo vanno mantenute e anche restaurate. Comunque l’unico modo per averne traccia per sempre sono le foto. Grazie a quelle ho potuto cominciare quello che, spero, possa diventare il mio mestiere, anche perché al momento sono disoccupato.

A che punto siete con i murales di Romagnano?

Mancano ancora due pareti e poi avremo finito, anche se è stata avanzata l’idea di decorare anche l’interno del muro.

Ci sono progetti futuri a cui si dedicherà una volta finito?

Sì ho avuto una richiesta per due murales a Genova e poi commissioni per dei quadri.

© Foto di Cristina Maioglio