All’alba del 24 agosto 1944 oltre cinquanta camionette e autoblindo carichi di soldati tedeschi e militari fascisti salirono da Fosdinovo verso il paese di Vinca, toccando altri paesi della Lunigiana. Gli uomini del maggiore Walter Reder, comandante del 16° Battaglione SS, e la Brigata Nera “Mai Morti” arrivarono al paese di Vinca nella prima mattinata mentre altre colonne di nazisti e fascisti collaborazionisti accerchiarono la zona salendo dalle valli sul versante della Garfagnana e da quello di Carrara.
Iniziò la carneficina e la spietata caccia all’uomo, battendo palmo a palmo per tutta la giornata le abitazioni di quel paese di cavatori e di pastori. Dopo il massacro, Vinca diventò un rogo. La carneficina riprese nei giorni successivi con l’obiettivo strategico di falciare ogni vita: nessuno degli scampati che erano tornati a raccogliere i familiari uccisi e per salvare dalle fiamme quello che potevano sopravvisse. Solo il 28 agosto fu possibile raggiungere Vinca. I pochi superstiti, nascosti nei boschi di castagno e in qualche anfratto della montagna, vagavano come fantasmi, persi nell’orrore della loro terra. 174 furono le vittime, lungo la scia del terrore che già aveva seminato distruzione e morte nelle stragi di Forno (72 vittime), Sant’Anna di Stazzema (560 vittime), San Terenzo Bardine (53 vittime), Valla (115 vittime) e altri morti ancora. Nudi, decapitati, impalati, impiccati, dilaniati, arsi con i lanciafiamme: il disumano accanimento dei nazifascisti contro la popolazione inerme, donne e bambini, è indescrivibile. I nazisti, affiancati dai Mai Morti delle Brigate Nere e dalla Decima Mas, seguirono alla lettera il comandamento di Hitler: “Dobbiamo essere crudeli, dobbiamo esserlo con tranquilla coscienza, dobbiamo distruggere tecnicamente, scientificamente, tutti i nostri nemici”.
“Durante l’operazione sanguinaria di Vinca, nello stesso giorno del 24 agosto 1944 e nei giorni successivi la popolazione della Valle dei Canali, nella quale insistono i paesi di Guadine, Gronda, Redicesi, Casania e Resceto, fu investita dalla violenza nazi-fascista con un sanguinoso rastrellamento.
L’azione fu mirata ad impedire vie di fuga degli abitanti di Vinca e ubbidì a quella che era stata messa in atto, ovvero la strategia del terrore preventivo.
A Guadine, quel giorno, finirono trucidate tredici persone, vittime inermi e innocenti di un crimine del quale, oltre ai tedeschi, furono responsabili i militari italiani della Rsi, i Mai Morti. Il legame dell’eccidio di Vinca con quello di Guadine non è dunque casuale. Il grande rastrellamento da parte di soldati tedeschi, SS e di soldati repubblichini che interessò la Lunigiana aveva come corollario la copertura della valle del Frigido nel massese, proprio ad evitare vie di fuga nelle Apuane verso mare da parte dei partigiani e delle popolazioni delle valli del Lucido, del Bardine e dell’Aulellla, zone che costituivano l’obiettivo centrale della manovra nazifascista. La notizia è accertata da una piantina della zona d’ azione usata dal maggiore Reder, che ne fu il responsabile, e che lo stesso produsse al suo processo nel 1951.
Le memorie orali sono tasselli di vita vissuta che si inseriscono nella grande storia, a conferma dei fatti narrati, intessendo quella rete di “memorie” che dà voce a tutte le vittime di quella mattanza che nella lunga estate del 1944 dipinse di rosso ogni borgo delle nostre Apuane. Mai dimenticare”.
da “Albertina e le altre” di Angela Maria Fruzzetti (Ceccotti, 2015).