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Diari Toscani

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Marina di Carrara: il molosso salvato di Luigi Telara

DiVinicia Tesconi

Ago 19, 2021

Gli avevano staccato la mandibola a suon di colpi di pietra e il Molosso latrante, opera di formazione dello scultore carrarese Luigino Telara, che raffigura un grosso cane da guardia nell’atto di ululare, aveva perso, oltre a buona parte del suo valore, anche il suo senso. Stava lì, quasi a guardia dei giardini di piazza Menconi a Marina di Carrara, all’angolo con via Genova, dagli anni ’60, ormai parte dell’arredo della piazza, ma una mattina di maggio del 2017 era arrivata la triste scoperta: il molosso non latrava più. La ferocia vigliacca di qualche stupido si era accanita sulla statua sfregiandola gravemente. La scoperta toccò agli operatori dell’allora Amia (oggi Nausicaa, n.d.r), l’azienda partecipata del comune di Carrara che si occupava della manutenzione dei giardini pubblici e trovò in Luigi Giovanelli, appassionato di storia locale e collaboratore di Diari Toscani la giusta valutazione dell’accaduto e la tempestiva scelta di recuperare tutti i frammenti divelti dalla statua per favorire il lavoro di restauro che proprio in questi giorni ha visto la fine restituendo, perfettamente ricostruito e ripulito, il Molosso Latrante alla sua piazza. Giovanelli conosceva la storia della statua e anche le opere e la fama dello scultore Luigi Telara e, per il suo intervento in quella mattina di maggio, ha ricevuto i pubblici ringraziamenti dall’attuale amministrazione carrarese.

Luigi Telara era nato a Carrara nel 1932. Cominciò a mettere in luce le sue spiccate doti d’artista già nel 1946 quando frequentava l’istituto professionale per l’industria e l’artigianato del marmo, diventato poi la scuola del marmo, che per due anni consecutivi gli assegnò l’attestato di merito. Dopo il diploma frequentò il magistero d’arte a Firenze sotto la guida di Bruno Innocenti e cominciò il suo apprendistato con sperimentazioni che lo avvicinarono anche al legno. Nel 1955 accettò la sfida della prestigiosa Vermont Marble Company, all’epoca azienda leader nel mondo del lapideo, che reclutava manodopera qualificata sia per l’estrazione sia per la lavorazione di marmi e graniti e si trasferì con la famiglia a Proctor, in America, dove iniziò la sua carriera internazionale con la realizzazione di opere grandiose come il Dio della Guerra e la Dea della Pace, statue di oltre tre metri e mezzo di altezza che si trovano, ancora oggi, ai due lati dell’ ingresso del Campidoglio di Washington, e molte altre opere che testimoniano il grande apprezzamento degli americani per l’arte dello scultore carrarese, definita “moderna e ardita” dalle riviste specializzate del tempo. Tornato in patria negli anni ‘60, divenne insegnante all’istituto d’arte Felice Palma di Massa e continuò a coltivare in parallelo la sua attività di scultore nel suo studio privato, ricevendo commesse e consensi da molti paesi in tutto il mondo.

Il Molosso Latrante venne realizzato da Telara nel 1947, quando era un allievo della scuola del marmo Pietro Tacca. Si tratta di una copia di un soggetto ellenistico – un cane lupo che ulula alla luna – replicato molte volte da vari scultori, del quale esistono due originali conservati nel Museo degli Uffizi di Firenze e nei Musei Vaticani.

Il restauro – ha spiegato Luigi Giovanelliè avvenuto con una tecnica avallata dalla soprintendenza di Belle Arti dopo aver acquisito tutte le disposizioni di tutela previsti dal Codice dei beni culturali e del paesaggio. La scultura, prima dell’intervento, si presentava in cattive condizioni di conservazione, interamente colonizzata da patine biologiche e incrostazioni e con la superficie del manufatto erosa in più punti. L’intervento, curato dal restauratore professor Luigi Pandolfo, è andato nella direzione di rimuovere le tracce lasciate dagli agenti atmosferici che hanno deteriorato la finitura superficiale dell’opera, causandone il progressivo degrado. La mandibola è stata fissata mediante uno speciale chiodo a perno fissato nella parte spezzata e ricomposta in tutte le sue parti grazie alla disponibilità dei frammenti che avevamo raccolto nel momento della scoperta dello sfregio e grazie all’uso di resine speciali e trasparenti”.

Il Molosso Latrante fu la prima opera del grande scultore che abbellì Marina di Carrara. In seguito Telara realizzò una particolare Via Crucis in cemento, gesso e legno che è conservata nella chiesa della Sacra Famiglia e, soprattutto, scolpì la grande statua della Madonna del mare che sovrasta il timpano della stessa chiesa. La Madonna del Mare è una delle opere più famose di Telara e fa parte della sua produzione di opere monumentali di grandi dimensioni. L’idea di Telara era quella di creare una statua della Madonna nell’atto di accogliere e proteggere tutti gli operatori del mare. La chiesa della Sacra Famiglia si trova infatti dirimpetto al mare e al porto di Marina di Carrara a circa 300 metri di distanza. Telara voleva che la statua fosse visibile a grande distanza per cui fece uno studio particolare e usò precisi accorgimenti per ottenere l’effetto ottico desiderato. Racconta Giovanelli: “La statua della Madonna del mare fu realizzata nel laboratorio Felici, nel 1983, in Bianco Carrara, marmo donato dalla cava Lorenzoni. Per studiare le proporzioni lo scultore Luigi Telara fece salire sulla facciata un muratore munito di tavole per poter valutare bene le proporzioni da tenere. Con quell’espediente poté stabilire che la statua doveva essere alta due metri e mezzo. Dato che la statua era visibile dal basso all’alto e da una distanza di circa 100 metri, fece delle triangolazioni per stabilire i rapporti tra testa e corpo: come nelle statue antiche poste in luoghi elevati che viste da vicino hanno una testa enorme, sproporzionata a rispetto al corpo, così doveva essere per la Madonna. Telara prese in considerazione anche l’effetto di appiattimento delle ombre causato dal sole che per buona parte della giornata sarebbe stato di fronte alla statua, per cui decise di scavare più in profondità nelle rientranze della figura per aumentare l’effetto chiaroscurale e non rifinì la superficie a raspa, che avrebbe dato un effetto lucido, ma a colpi di subbietta. Vista da vicino, infatti, la statua della Madonna del Mare appariva meno dettagliata rispetto a come risultò poi quando venne collocata nella sua sede definitiva, cioè sulla punta del timpano della facciata, a 25 metri d’altezza da terra. Molti di coloro che erano andati a vedere l’opera in lavorazione non avevano capito il progetto di Telara che, tuttavia, aveva maturato una grande esperienza come monumentalista negli anni in cui aveva lavorato in America. Tutti però dovettero ricredersi il giorno dell’inaugurazione che, per volontà del comune fu una grande celebrazione cittadina che richiamò tanti spettatori da riempire completamente la piazza di Marina”.

La statua della Madonna del Mare pesa circa una tonnellata e mezzo e la sua collocazione sul tetto della chiesa fu non poco problematica. La figura della Madonna è senza piedi perché il mantello scende fin sopra al piedistallo. Le mani e la testa sono più grossi del normale e gli occhi sono due fori profondi. La statua è fissata ad una lastra di bronzo assicurata al timpano della chiesa mediante dei bulloni. Di essa, lo scultore, realizzò diverse copie in formato più piccolo, nelle quali i dettagli erano più definiti rispetto all’originale non dovendo rispondere alle esigenze dell’effetto ottico da lontano. Il modello in legno originario era alto 85 centimetri ma, in maniera mai chiarita, non fu più possibile trovarlo. Ne esistono poi una trentina di modellini in bronzo alte 15 centimetri e poste su un piedistallo in marmo e 1500 copie in ceramica il cui scopo era la vendita ai fedeli per recuperare le spese della statua grande. Una di queste è stata messa in una nicchia ad Avenza in via Menotti.

Quando guardiamo la Madonna del Mare che ci sorride e ci allarga le braccia in un gesto di accoglienza, non è male cercare di soffermarci su quei dettagli, coglierli e apprezzarli.

© Foto di Luigi Giovanelli