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Diari Toscani

Giornale di cultura, viaggi, enogastronomia e società

Tra i ricordi di greggi, di carbone e di castagne: l’Alpe di Puntato

DiVinicia Tesconi

Ago 13, 2021

Le Apuane sono una miniera di trappole per il tempo. Mantengono quasi intatte le tracce del passaggio di antiche consuetudini, scomparsi mestieri, perduti villaggi, dimenticate usanze e inglobano nella loro natura luoghi in cui, un tempo, gli uomini avevano cercato di dominare la natura stessa di queste montagne, regalando al visitatore il suggestivo effetto del tempo sospeso.

L’Alpe di Puntato fino alla Seconda guerra mondiale era un alpeggio abitato da pastori che avevano costruito delle baite in pietra nei prati di una conca posta sotto il monte Corchia, il monte Freddone, il Pizzo delle Saette e la Pania della Croce, tra i 920 e i 1150 metri d’altitudine. I pastori non si limitarono a portar su i greggi al pascolo: terrazzarono molti terreni intorno alle baite per ricavarne terre da coltivare, a fatica costruirono mulattiere per rendere più agevole la salita all’alpeggio, con cura mantennero puliti i sentieri per avventurarsi nei boschi di faggio e di castagno che circondavano il villaggio. Raccoglievano le castagne e le mettevano a essiccare nei cannicci, strutture in pietra nelle quali venivano accese e alimentate braci costanti che essiccavano le castagne poste sopra appositi graticci molto rialzati rispetto al fuoco, oppure producevano carbone vegetale mediante la combustione di legna coperta da terriccio dentro alle carbonaie. La vita era dura e a volte ostile in mezzo alla prepotente natura dell’alta montagna, ma per secoli all’Alpe del Puntato fu assolutamente possibile.

Poi la guerra, il progresso, le esigenze del mondo e un diverso spirito di sacrificio hanno allontanato gli uomini dal Puntato e la montagna si è ripresa la sua solitaria maestà. Il villaggio del Puntato è rimasto avvolto nel silenzio e nella prepotente natura della montagna che lo ha in parte celato, in parte mantenuto immutato al suo ultimo giorno di utilizzo da parte dell’uomo. L’ennesimo dono di montagne che di straordinario hanno molto più del pregiatissimo marmo che racchiudono.

L’Alpe del Puntato oggi è meta di percorsi di trekking grazie alla presenza di alcuni rifugi molto caratteristici che hanno recuperato qualcuna delle vecchie baite dei pastori e anche le principali attività produttive che caratterizzavano la zona: si produce miele, piante officinali, farina di castagne nell’azienda Biologica del Puntato premiata come esempio di eco-sostenibilità. Il luogo è un crocevia per molti percorsi naturalistici nelle Apuane.

Per arrivare all’alpeggio si può parcheggiare l’auto a passo Croce in un’area di sosta regolata da parchimetro e seguire la strada fino alla biforcazione che a destra sale per la cava dei Tavolini e per il monte Corchia, mentre a sinistra si innesta sulla vecchia marmifera, che è la strada da seguire per il Puntato. La marmifera arriva fino a uno spiazzo dal quale bisogna scendere a sinistra passando dentro a un fitto bosco di faggi. Di seguito si incontra la Torbiera di Fociomboli dominata dall’imponenza del monte Corchia mentre a sinistra si può ammirare il Freddone. Proseguendo il percorso si incontra un ruscello da oltrepassare tenendo sempre il percorso sulla destra fino ad arrivare all’alpeggio del Puntato: uno dei luoghi più suggestivi ed affascinanti del Parco delle Apuane che insieme a Capanne di Giovo e Campocatino fornisce uno spettacolare esempio di come, nel passato, fosse possibile vivere in perfetta simbiosi con una natura per lo più aspra e rigida, plasmandone il contesto senza deturparlo.

© Foto e percorso di Cristina Maioglio