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Diari Toscani

Giornale di cultura, viaggi, enogastronomia e società

La storia dell’antico castello Malaspina di Carrara

DiLuigi Giovanelli

Lug 14, 2021

Sta proprio nel cuore del centro storico di Carrara. Sovrasta l’adiacente piazza d’Armi, da anni, unico parco, se pur in senso lato, della città, e svetta su via Roma, la via del passeggio, in linea con la direttrice unica che dai piedi delle montagne di marmo porta diretta al mare. È il castello di Carrara, coi suoi merli e il suo ponte levatoio su un fossato ormai interrato da secoli, eternamente intriso di storia, fiaba e mistero, noto a tutti i carraresi e, come sempre, conosciuto veramente da pochi.

Oggi il castello di Carrara, che porta il nome di Palazzo Cybo Malaspina, è la sede dell’Accademia di Belle Arti: un complesso di edifici composto da un castello altomedioevale al quale, in epoca rinascimentale, fu aggiunto un Palazzo Signorile. A prima vista la rocca sembra la protuberanza antica del palazzo dell’Accademia, quasi come un’appendice folcloristica venuta dopo la costruzione dell’importante istituto. In realtà tutto è cominciato con lui. La sua origine affonda nei secoli fino all’epoca della dominazione Bizantino-Longobarda quando nel sito vennero costruite le prime fortificazioni. Il documento che per la prima volta traccia la sua esistenza è datato 13 agosto 1187 ed è conservato all’archivio di stato di Firenze. In esso si parla del pedaggio pagato dall’abate Bobbio che transitava per Carrara. Non si trattava ancora di un vero e proprio castello, ma di due torrioni che presto vennero inclusi in edifici che ampliavano la struttura originaria. 

La prima ristrutturazione avvenne nel 1215 per opera di Guglielmo Malaspina. La seconda venne fatta da Jacopo Malaspina nel 1473, quando la sua famiglia si assicurò definitivamente il feudo di Carrara e lo elesse come sede della famiglia nobiliare. La discesa devastante di Carlo VIII di Valois in Italia nel 1495 costrinse i Malaspina a spostare la corte a Massa, la cui rocca, posta sulla collina che sovrasta la città, venne giudicata più sicura. Ad ampliare ancora il castello di Carrara, nel 1519, facendo costruire il palazzo rinascimentale fu la controversa figura di Ricciarda Malaspina, aggrappata con le unghie e con i denti ad ogni centimetro del feudo ereditato dal padre, sul quale regnava in attesa di poterlo cedere al primo figlio maschio che raggiungesse l’età per governare. E fu infatti il suo figlio prediletto, Alberico I Cybo Malaspina che proseguì l’opera di ampliamento del castello carrarese nel 1557 collegando il castello al palazzo costruito dalla madre e trasformandolo in una residenza signorile adeguata agli standard dell’epoca. Dopo la fine della dinastia dei Cybo-Malaspina, la rocca passò ai D’Este di Modena e nel 1790, sotto Beatrice D’Este, divenne sede ducale. Durante il dominio di Napoleone Bonaparte sull’Italia, Massa e Carrara finirono nel principato di Elisa Bonaparte Baciocchi e nel 1806 il palazzo prese il ruolo che ha ancora adesso.

L’Accademia di Belle Arti di Carrara è una delle più antiche d’Italia e d’Europa. Era stata fondata con atto chirografico di Maria Teresa d’Este, qualche decennio prima, il 26 settembre 1769. Il palazzo subì forti danneggiamenti a causa del terremoto che colpì la Lunigiana e Carrara nel 1920 e nel 1924 iniziarono i lavori di restauro che portarono al consolidamento delle strutture murarie e delle fondazioni sul lato ovest, dove, una strada aperta dal comune, aveva indebolito le fondamenta della rocca. Nel corso dei lavori post terremoto vennero anche eliminati alcuni locali aggiuntisi nel tempo sul lato esterno del torrione medioevale secondo dei piani interpretativi del restauro molto liberi attuati dagli architetti dell’epoca fascista. I passaggi storici e architettonici vissuti dall’edificio sono ancora ben evidenti: la parte verso sud-ovest, cioè il palazzo del principe, è decisamente rinascimentale, la parte verso est mantiene lo stile medievale del castello originario. All’interno l’Accademia ospitava molte opere d’arte di valore che, per lo più, sono state trafugate nelle varie vicissitudini vissute dalla città nel corso delle due guerre.

© Foto di Luigi Giovanelli