Stava rientrando a Berlino, dove insegnava all’università, da uno dei suoi tanti viaggi a Roma, fatti per approfondire i suoi studi sulle epigrafi della classicità latina, quando fece sosta ad Avenza ed ebbe il tempo di fare un breve giro per la località che aveva alle spalle una storia millenaria. Era il 1886 e lui era Theodore Mommsen, il più grande classicista del XIX secolo, autore di una preziosa e mai superata Storia di Roma, che nel 1902 gli varrà il Premio Nobel.
Durante la passeggiata per il centro di Avenza Mommsen ebbe modo di vedere quella che allora, da circa un ventennio, per gli abitanti del luogo era la cava di pietre cioè quel restava di una grande fortezza di epoca medievale, con le cui pietre erano state costruite tutte le case dell’area circostante. Mommsen probabilmente trasalì quando comprese che una magnifica fortezza del 1300 era stata smantellata pezzo per pezzo e immediatamente usò tutta la sua influenza di studioso e scienziato per salvare almeno quel poco che restava ancora in piedi: un solo torrione, noto come Torre di Castruccio. Per gli avenzini dell’epoca, la transazione a cui Mommsen dedicò anima e corpo, non fu che un “affare di cazzetta”, che nel gergo locale indica una compravendita dello stesso bene a un prezzo assai maggiorato. In effetti, quando l’intera fortezza venne venduta a privati, dallo stato italiano appena costituito, l’accordo venne firmato per 2 mila lire, mentre quando Mommsen convinse la prefettura a riappropriarsi della torre superstite, la cifra da sborsare era salita a 5 mila lire, ma da quella generazione in poi la Torre di Castruccio divenne per gli avenzini il simbolo della loro storia e della loro identità con un valore non più quantificabile in denaro.
La fortezza era nata come fortificazione militare nel 1311 ed era denominata Castrum Aventia. Una decina di anni dopo, essendo Avenza finita sotto il governo di Castruccio Castracani, signore di Lucca, venne rafforzata con quattro torrioni e un castello. Lo scopo di Castracani era quello di controllare il Borgo Murato di Avenza, che aveva un’importanza strategica, in quanto posto sull’antica via Aprilia Scauri e nelle vicinanze dell’approdo che era sul Litorale Avenzino, dato che il mare arrivava fino ad Avenza, consentendo il controllo sui commerci terrestri e marittimi.
Dalla morte di Castruccio Castracani, avvenuta nel 1328, fino all’inizio del 1400, Avenza passò sotto vari governi, tra i quali anche il Ducato di Milano. Poi, arrivarono i Malaspina che mantennero il potere su tutta la provincia apuana, e quindi anche su Avenza, fino al raggiungimento dell’unità d’Italia. Nel corso dei secoli, la fortezza di Avenza conservò il suo carattere prettamente militare grazie a diversi adeguamenti in base alle variazioni nelle tecniche e negli strumenti di guerra, tanto che come tale apparve all’oceanografo John Murray, che la descrisse nella sua Guida Inglese per i viaggiatori dell’Italia del Nord, ancora nel 1848. In quello stesso anno Avenza divenne un comune autonomo e, su sua richiesta, venne annessa al Regno del Piemonte. Su uno dei torrioni della fortezza comparve il tricolore con le insegne sabaude che ancora oggi, senza più le insegne dei Savoia, sventola sulla superstite torre di Castruccio, curato e mantenuto in perfette condizioni dai Patrioti Avenzini. Dalla metà dell’’800, tuttavia, l’uso delle fortezze militari cominciò a decadere e il castrum avenzino, venduto a Eugenio Tognini, divenne solo una cava da cui trarre pietre per l’edilizia. Fino al momento in cui, un letterato tedesco, passato per caso, non gridò allo scandalo.
Al momento del suo massimo splendore la fortezza aveva un fossato con ponte levatoio e tre porte principali: due verso Sarzana e una verso Massa, che servivano per chiudere la via Romana. C’erano poi due porte laterali di cui una rivolta a nord in direzione Carrara, ancora oggi esistente, perché sopravvissuta alla distruzione, e un’altra rivolta verso il mare di cui non si ha più traccia. A peggiorare lo stato della struttura salvata contribuirono anche i bombardamenti della seconda guerra mondiale che la danneggiarono ulteriormente, lasciandole l’aspetto che ha ancora oggi.
La Torre di Castruccio, salvata da Mommsen ha una forma cilindrica che si restringe dalla base alla parte superiore. Dall’interno partono diversi cuniculi, scoperti anche in tempi molto recenti, che confermano l’esistenza di un percorso sotterraneo che collegava la fortezza con il vicino fiume Carrione e con la piazza Finelli poco distante. Le vestigia di un luogo denso di storia e di azione del quale senza l’intervento di Theodore Mommsen non ci sarebbe stata più traccia.