Non stupisce che la terra del marmo e dell’anarchia abbia scelto come patrono la figura di un santo che poco o nulla ha a che vedere con il suo territorio, a parte, forse, per avervi trovato la morte, che, in quel caso sarebbe avvenuta proprio per quel carattere indomabile e sanguigno tipico della gente del luogo. Di certo sulla storia di San Ceccardo, vescovo di Luni e patrono di Carrara, si sa poco. La data della sua morte, e quindi della sua commemorazione, è una delle poche cose certe: era il 16 di giugno. L’anno non è proprio sicuro al cento per cento perché un’iscrizione su una lapide medievale rinvenuta nel comune di Carrara, la collocherebbe intorno al ‘600. Studi più accurati, tuttavia, concordano sulla presenza di Ceccardo nella diocesi lunense tra l’800 e l’860, anno presunto della sua morte. Il fatto che fosse un vescovo di Luni, ugualmente è una cosa certa: esiste un documento religioso che riporta la sua firma, anch’esso collocabile dopo l’’800. Che subì un martirio e venne decapitato, quella è la cosa più certa di tutte, perché il suo corpo è conservato in una teca del Duomo di Carrara e la sua testa invece si trova all’interno di un busto argenteo custodita nello stesso sito, che tuttavia non è dedicato a lui, patrono della città, ma a Sant’Andrea. Questa è la prima delle molte incongruenze e dei molti misteri legati alla figura del patrono di Carrara. Veramente poche sono le certezze. A cominciare dal luogo in cui morì.
Per i carraresi la feroce decapitazione avvenne nel luogo in cui oggi si trova la piccola chiesa dedicata al santo, che sarebbe stata costruita intorno alla fonte di acqua dal potere salvifico, sgorgata nel punto in cui la testa mozzata di Ceccardo cadde a terra. La chiesa si chiama, infatti San Ceccardo ad Acquas, e all’acqua della fonte, da secoli, sono attribuiti poteri di guarigione e prevenzione delle malattie della testa. Fin qui le ragioni per venerarlo come patrono della città ci starebbero tutte, ma la causa che avrebbe portato al suo martirio, in questa versione, è molto meno convincente.
Il vescovo Ceccardo, sarebbe venuto in visita a Carrara da Luni e giunto quasi alle porte della città avrebbe fatto la carità a una donna del luogo scatenando l’ira funesta del marito che avrebbe punito il vescovo, decapitandolo. Più verosimile sarebbe invece la versione che racconta di un’incursione dei barbari vichinghi nelle coste di Luni che avrebbe portato il loro re Hastings, attirato dalla presenza del prezioso marmo pronto per essere spedito via mare sin dai tempi dei romani, ad architettare un elaborato piano per uccidere il vescovo con la decapitazione, ma se la ferocia del martirio si spiega molto di più con un gesto compiuto da un re guerriero, che non, con la rabbia di un marito geloso, accreditando la seconda versione, si perderebbe l’origine della fonte miracolosa, senza contare che i pochi documenti esistenti non riportano Ceccardo come vescovo nel momento in cui Luni venne attaccata dai barbari. Insomma, non se ne esce, se non aggrappandosi alle leggende e alle tradizioni.
Di fatto Ceccardo venne adottato dai carraresi e forse, già questo può essere considerato un miracolo: San Ceccardo era considerato uno straniero – cosa tutt’altro che facile in ogni tempo a Carrara – e tuttavia, venne venerato con tutti i crismi e con grande affetto. Ancora nella seconda metà del novecento, il 16 giugno, nell’area vicina alla chiesa a lui dedicata, si teneva una grande fiera con banchi ed esposizione di animali. L’effige del santo, per secoli, venne posta dai carraresi praticamente ovunque per propiziare il destino o la sorte, dai pali delle vigne all’interno delle camice dei cavatori. Di quei grandi festeggiamenti per un santo “bizzarro” e, per questo, assolutamente conforme all’insolita e particolare gente del luogo, oggi, sono sopravvissute solo due bancarelle di dolciumi davanti alla chiesa, che viene aperta solo in quell’occasione. E ovviamente la chiusura di tutti gli uffici pubblici in onore della festa, peraltro solo religiosa, di un patrono di cui pochi ancora si ricordano.