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Diari Toscani

Giornale di cultura, viaggi, enogastronomia e società

Trekking nella storia: la stamperia clandestina di Villa Volpara

DiVinicia Tesconi

Giu 12, 2021

C’è la natura, la montagna ligure con le sue selve indomite e i suoi piedi che affondano nel mare, e c’è la storia, gloriosa, dolorosa, recente, segnata da un ugualmente indomito amore per la libertà che non ha avuto paura di pagare, anche con la vita, per lasciare ai propri figli un’Italia non più schiava del fascismo e dei tedeschi. Si sovrappongono con eccezionale potenza i due piani, naturale e storico, in questo percorso di trekking in cui le emozioni, confluiscono in un unico sentimento capace di riconoscere le infinite analogie tra un paesaggio che sempre si riappropria della sua ragion d’essere, e il ricordo di una generazione che, in mezzo a quel paesaggio, ha lottato con la stessa determinazione per mantenere salvo soprattutto il concetto di umanità. È il sentiero che porta a Villa Volpara, meglio conosciuta già durante la Seconda guerra mondiale, come Villa del Fodo, villa del ‘600 abbandonata da secoli che divenne la sede, mai scoperta, della più importante tipografia clandestina di tutta l’area spezzina in cui agivano le bande partigiane.

Fu lunga la storia e l’attività e in qualche modo a lieto fine, perché non venne mai individuata dall’esercito tedesco se non quando i partigiani stampatori si erano già messi in salvo. La sua storia comincia subito dopo l’armistizio, nel novembre del 1943 quando il neonato Comitato di liberazione nazionale di La Spezia stabilisce i confini della sua area operativa che comprendeva tutto lo spezzino fino al confine con Carrara e arrivava al Passo di Centocroci e della Cisa sull’Appennino tosco-emiliano.

L’impegno principale del CLNp spezzino era quello di coordinare i partigiani sui monti in modo da organizzare azioni mirate contro i tedeschi, e l’unico mezzo per poter comunicare con persone dislocate in luoghi diversi era, al tempo, quello dei messaggi stampati o dei giornali clandestini contro il regime. La stamperia clandestina era la sola fondamentale soluzione possibile e l’impresa venne affidata a uomini esperti di macchine da stampa, che avevano dato prova di assoluta dedizione alla causa partigiana pagando con torture ed esilio. Rocambolesco fu il modo con cui tutta l’operazione di avvio della tipografia venne portato a termine: dai soldi per comprare la macchina vinti a poker, al trasporto dello strumento smontato e nascosto sotto carri di fieno, fino alla necessità di costruire, ex novo, i pezzi mancanti o mal funzionanti sfruttando l’abilità meccanica di quelli che avevano lavorato nei cantieri navali spezzini. Fondamentale era la sede della tipografia clandestina e la vecchia e isolata Villa del Fodo, messa a disposizione da un ricco antifascista fu la soluzione perfetta.

La villa si trova sui Monti Branzi, alla Rocchetta di Lerici, e offriva la pregevole opportunità di installare la stamperia in una cisterna interrata che sembrava un vero e proprio bunker al quale, i partigiani, collegarono un tunnel che serviva da via di fuga. Nonostante le molte difficoltà incontrate, la stamperia divenne operativa in pochi giorni e continuò a lavorare ininterrottamente per oltre un anno per la disperazione dei servizi segreti tedeschi che non riuscirono mai a individuarla. Una rete di persone accomunate da incredibile coraggio, fatta non solo di uomini votati alla causa partigiana, ma anche di donne che accettarono gli enormi rischi di fare le staffette per divulgare il materiale stampato, permise alla stamperia non solo di funzionare, ma di raggiungere traguardi insperati: furono stampate migliaia di copie de L’Unità, dei giornali partigiani Il Combattente e Il Garibaldino, ciclostilati che contenevano gli appelli  del Comitato di Liberazione antifascista e anche messaggi in tedesco rivolti ai soldati del Reich per esortarli alla diserzione. Appelli anche ai giovani italiani di leva per entrare nella Resistenza, messaggi rivolti agli operai delle fabbriche di armi spezzine, che portarono al grande sciopero generale e antifascista del primo e del 2 marzo del 1944.

La stamperia clandestina di Villa del Fodo assunse quasi un’aura mitica per la sua capacità di continuare a lavorare senza mai essere scoperta. I tedeschi si accorsero della sua esistenza solo per caso, e dopo che tutti gli operatori avevano potuto fuggire e salvarsi. La villa venne requisita dai tedeschi, ignari del segreto che custodiva, a settembre del 1944 e usata come sede per sistemarvi la batteria che doveva controllare le montagne intorno a Lerici. Fu proprio Tommaso Lupi, uno dei principali artefici della costruzione della tipografia clandestina che, fingendosi uno sfollato, fece da guida ai tedeschi all’interno della villa, dopo aver dato l’allarme ai compagni giù nella cisterna permettendo loro di fuggire, ma nemmeno in quel momento i tedeschi capirono di aver scoperto una delle principali spine nel fianco della loro azione di guerra in quei luoghi. Fu solo il giorno dopo, quando tornarono per installarsi nella villa, e quando anche Lupi era ormai sparito, che scoprirono l’esistenza della tipografia, ma non poterono che scatenare la loro violenza sulla macchina e non sugli uomini che l’avevano fatta funzionare. Questi si salvarono tutti ed ebbero poi anche incarichi ufficiali rilevanti nell’amministrazione della zona: tre furono sindaci di Lerici, compreso lo stesso Lupi. Quasi nulla invece si salvò dello strumento: la macchina fu distrutta e quasi tutto l’archivio della sua produzione, nascosto in un incavo del muro della villa venne deteriorato dalle intemperie, ma lo spirito, così vivido e acceso, di quelle persone, di quella lotta resta ancora palpabile all’interno e nelle vicinanze di Villa del Fodo, e la passeggiata del rumore identico del bosco, e dell’eco del rumore sferragliante di una macchina da stampa di fortuna.

Per fare il percorso ad anello che tocca Villa del Fodo si parte dal borgo de La Serra, sopra Lerici. Al bivio per La Rocchetta troviamo il segnale CAI 426, che va percorso. Il sentiero inizia con la scalinata posta proprio al bivio, e prosegue sulla strada fino a quando si deve attraversare per entrare nel sentiero 426 verso la Sorgente Redarca. Da lì si prosegue verso Villa Volpara nella fitta boscaglia con il sentiero CAI 411 e si arriva alla Stamperia della Resistenza. Si prosegue poi fino alla cima del Monte Rocchetta, dove si incrocia il sentiero 422 – AVG (Alta Via del golfo) che scendendo riporta all’abitato della Serra tramite il 422.

© Foto e percorso di Cristina Maioglio