L’idea esisteva già dalla metà dell’800, ma, nero su bianco su carta venne messa il 29 maggio del 1874: con la firma su un rogito notarile venne costituita la Società della Ferrovia Marmifera privata di Carrara. Un unicum assoluto nella storia delle ferrovie: il treno creato appositamente per il trasporto dei blocchi di marmo. Soprattutto segnò la prima grande rivoluzione del millenario sistema di lavoro e di trasporto del marmo alle cave.
La concessione per l’opera era arrivata nel 1866 alla società a capitale privato di proprietà di Giuseppe Troyse – Barba, cavaliere fiorentino, di Giuseppe Fossati, segretario comunale di Carrara e dall’ingegnere del comune di Carrara ma quando, nel 1874, venne firmato il contratto per avviare i lavori, Troyse – Barba era morto e le quote delle società erano state divise tra i due rappresentanti comunali.
La Marmifera era una ferrovia industriale a scartamento normale che collegava le cave con il porto di Marina di Carrara per facilitare il trasporto dei blocchi che venivano imbarcati per essere lavorati altrove. Il progetto originario, realizzato dagli ingegneri Pietro Ganzoni e Carlo Willy, si sviluppava su due tronconi per circa 20 chilometri di tracciato che dal capolinea posto alla Piastra, alle pendici del bacino di Torano –Ravaccione arrivavano ai pontili in legno del porto di Marina. Nel tratto cittadino da Carrara ad Avenza, la Marmifera si raccordava al percorso della ferrovia statale che collegava la stazione di Avenza con il centro della città a San Martino.
La prima inaugurazione avvenne il 19 agosto del 1876, ma già nel 1885 si cominciò a progettare un ampliamento che saliva fino al piazzale di Fantiscritti, ancora più nel cuore delle cave di Carrara. Il nuovo tratto venne inaugurato nel 1890 e coincise con l’inizio del definitivo tramonto del trasporto del marmo sui carri trainati dai buoi e quindi con la sparizione del mestiere dei bovari.
La Ferrovia Marmifera di Carrara, che aveva raggiunto i 33 chilometri di tracciato, restò in funzione dal 1876 al 1964, soppiantata definitivamente dal trasporto del marmo su camion. Durante il periodo del suo splendore era possibile, per i turisti che lo richiedevano, salire a visitare le cave, grazie ad un vagone speciale per passeggeri che veniva agganciato a quelli che trasportavano il marmo. L’uso della Ferrovia contribuì in maniera molto consistente allo sviluppo del commercio del marmo facendo aumentare in maniera esponenziale la quantità di marmo trasportata a valle: nel 1926 venne toccato il picco più alto con 550 mila tonnellate. I vagoni erano trainati da una motrice a vapore, che i carraresi avevano ribattezzato “la Ciabattona”. Si trattava inizialmente di motrici di fattura tedesca che, in seguito, vennero sostituite da macchine prodotte dagli stabilimenti Ansaldo e Breda. 17 erano le fermate sul percorso: strategiche per il caricamento dei blocchi e c’erano due ponti che erano stati costruiti appositamente, Vara e Anderlino, e due gallerie sotto le quali passava il treno.
Il primo colpo alla Ferrovia Marmifera lo diede la seconda guerra mondiale che, oltre a causare un inevitabile rallentamento nell’estrazione e quindi nel commercio del marmo, distrusse con i bombardamenti alcuni tratti del percorso. La ricostruzione del dopoguerra cominciò a fronteggiarsi con l’utilizzo dei mezzi su gomma che alla fine presero il totale sopravvento determinando la soppressione della linea che avvenne il 15 maggio del 1964.