La mattina del 22 maggio 1944, alle ore 11.30 del mattino, una squadriglia di sei aerei americani facenti parte rispettivamente del 488TH Bombardment Squadron (M) AAF e 340TH Bombardment Group (M) AAF, di stanza all’aerodromo di Alesan in Corsica, preannunciati dal loro rombo in avvicinamento, sganciano il loro carico di bombe dirompenti e incendiarie da 500 libbre, circa 250 chili ciascuna, sull’abitato di Marina di Carrara.
Le bombe colpiscono le abitazioni civili lungo via Firenze, via Dante e la pineta della tenuta Ceci. Mio padre Stefano, allora diciassettenne, per lo spostamento d’aria viene proiettato oltre un muretto di recinzione, ma rimane pressoché illeso, benché una piccola scheggia acciaiosa gli abbia procurato una ferita alla gamba che impiegherà mesi prima di rimarginarsi. Mio nonno, Luigi Camaiora, viene ricoperto di terra e sabbia da una delle bombe che cade sull’incrocio di via Firenze e provoca un cratere. Abitazioni distrutte, finestre e porte divelte, polvere, fumo, crateri ovunque – alcuni di questi ancor visibili oggi nella pineta Ceci – grida, lamenti, feriti e morti. Su tutta l’area fatta oggetto del bombardamento non vi sono strutture o opere militari. Solo abitazioni civili. Le opere militari sono altrove: sono i reticolati e le concertine di filo spinato fissati alle “code di porco” e i campi minati posti a difesa di eventuali sbarchi sulla spiaggia, ma nella zona dell’abitato colpito dalle bombe degli aerei americani non vi sono né militari, né mezzi. Le opere difensive importanti della Grune Line 1 e 2 erano state approntate altrove.
La provincia di Apuania, come si chiamava all’epoca la provincia di Massa e Carrara, rientrava allora, nel settore difensivo della Linea Verde, cioè la Linea Gotica per gli angloamericani, ovvero, l’imponente schieramento difensivo che si estendeva dal Mar Tirreno al Mare Adriatico e che, nel nostro settore, aveva una profondità in pianura di 25 chilometri circa, cioè partiva da Lido di Camaiore (Linea Verde 1) e si estendeva sino alla foce del Fiume Magra (Linea Verde 2). L’intera zona, che seguiva l’andamento del terreno e delle opere difensive, costituì l’ultimo baluardo di difesa delle truppe italo-germaniche prima dello sfondamento finale avvenuto il 5 aprile del ‘45 con l’operazione “Second Wind”, che a sua volta aveva seguito la disastrosa operazione “Four Therm” da parte della 92^ Divisione Buffalo del febbraio precedente, lungo il tratto compreso fra la foce del fiume Versilia e la statale 1 Aurelia del “catenaccio di Massa”.
Nel mese di maggio del ‘44, gli apprestamenti difensivi all’interno della Linea Verde sono in avanzato stato di allestimento: molte sono le trappole esplosive, i bunker, i tobruk e i campi minati che vengono realizzati dalla O.T. (Organizzazione Todt) e dai genieri della Wehrmacht su tutto il settore, ma non nel centro abitato di Marina di Carrara. Già dieci giorni prima, il 12 maggio, le stesse formazioni aeree avevano bombardato l’abitato di Avenza, colpendo l’incrocio di viale XX Settembre con l’attuale via Provinciale Avenza – Sarzana, le abitazioni di via Campo D’Appio e soprattutto l’asilo Finelli, la scuola di avviamento professionale, e la zona adiacente la stazione ferroviaria di Apuania Carrara, provocando anche in questo caso rovine, feriti e morti. Al bombardamento di Avenza del 12 maggio, assistette mia madre Franca Maria, allora quattordicenne che, trovandosi nei campi vicino alla scuola di avviamento professionale, si rifugiò dietro ad un rialzo del terreno e ne uscì illesa, seppur ricoperta dalla terra e dalla polvere. Quando il fragore delle esplosioni cessò e si rialzò, fra il terrore, lo sgomento, e le grida, vide degli uomini che trasportavano sopra un’anta di una porta un uomo rimasto gravemente ferito. Anche in questo caso gli obbiettivi, i cosiddetti “target”, colpiti dagli aerei americani non furono obiettivi militari, ma solo abitazioni civili e scuole.
Nel bombardamento di Avenza morirono 52 civili, vi furono 56 feriti, otto dei quali rimasero invalidi e 400 persone rimasero senza casa. A Marina di Carrara i morti furono 45, i feriti furono 16, di cui 14 rimasti invalidi e 700 le persone che rimasero senza casa. Dopo questi due bombardamenti, la popolazione di Marina di Carrara e Avenza si trasferirono in parte a Carrara e in parte nei paesi a monte, per evitare altre incursioni aeree che non mancarono fino al termine della guerra.
Da allora sono trascorsi 77 anni. Ritengo sia giusto e doveroso ricordare questi tragici fatti storici di storia locale che segnarono la nostra zona, ma altresì, anche ricordare che, nella stupida, atroce e terribile realtà della guerra – di qualsiasi guerra si tratti – non vi sono mai bombe “buone” e bombe “cattive”, bombe cadute “per tragico errore” o bombe “giustificabili”, come da 77 anni accade, spesso in maniera del tutto inadeguata e priva di reale fondamento storico-militare. Ritengo sia più che doveroso condannare chi le sganciò, e cioè gli angloamericani, a seguito dello specifico programma di bombardamento strategico e psicologico che provocò la morte di migliaia di civili innocenti: strategia di attacco che venne sperimentata e utilizzata, per la prima volta dalle forze aeree angloamericane, proprio sul teatro militare italiano. L’arma aerea, del resto, riscrisse i manuali di guerra, diventando determinane in diverse fasi del conflitto.
Devastare le retrovie, distruggere le comunicazioni, il sistema ferroviario, le fabbriche, ciò fu ritenuto indispensabile per mettere in ginocchio l’esercito avversario. Tuttavia, ben presto, ci si accorse che i danni maggiori di queste operazioni aeree si riversavano sulla popolazione civile, che veniva colpita ben più duramente dei militari, incidendo in maniera sensibile sul loro morale, volto a scollare la popolazione dal fascismo, con effetti sentiti a lungo dopo la cessazione delle ostilità. Avenza e Marina di Carrara, come mesi dopo via Groppini a Carrara, nella nostra zona, furono gli esempi di ciò che venne tristemente e scientificamente pianificato e operato su tutto il territorio nazionale. Del resto anche la ZIA (Zona Industriale Apuana) venne ripetutamente bombardata con ordigni a spoletta barometrica, ordigni dirompenti, al fosgene e persino con ordigni al napalm, i famosi “bidoni incendiari”, qui sperimentati per la prima volta, con l’unico scopo di distruggere il territorio e le attività industriali, al fine di piegare lo stato invaso, con la scusa di portare la “libertà” e la “democrazia”, producendo danni e morti di gran lunga superiori a quanto fece l’esercito tedesco. Viene lecito quindi chiedersi quanti morti civili hanno prodotto i barbari tedeschi e quanti morti abbiano prodotto i bombardamenti angloamericani in Italia, da Pantelleria a Bressanone, passando da Gela, Biscari, la Ciociaria e Gorla. Forse non tutti sanno che solo nel 2020 su tutto il territorio nazionale sono state disinnescate circa tremila ordigni inesplosi risalenti alla seconda guerra mondiale dagli artificieri delle nostre forze armate: il 90 per cento di questi ordigni sono risultati essere bombe sganciate da aerei americani. La guerra è di sicuro un tragedia dell’uomo, all’interno di quell’immane e aberrante tragedia del secolo scorso che sconvolse l’Europa e gli uomini: la seconda guerra mondiale.
© 2021 Architetto Paolo Camaiora