Tre uomini stanno scheggiando delle pietre rosse colpendole con un sasso. Sono robusti, ma non molto alti. Hanno la testa tozza e la mascella sporgente. Lavorano vicino a un grosso fuoco racchiuso in un cerchio di pietre che illumina tutta la grotta. Poco distanti da loro ci sono le donne: alcune allattano i loro figli, altre passano con forza una pietra su delle pelli di animale. Lungo le pareti della grotta ci sono mucchi di paglia e uomini che dormono. I bambini più grandi scorrazzano dentro la grotta, in mezzo alle pelli già conciate, alle carcasse di animali e ai detriti delle pietre lavorate. La grotta risuona delle loro grida festose, dei colpi sulle pietre e del crepitare del fuoco.
Sarebbe questo lo spettacolo offerto dalla Grotta all’Onda, scavata alle pendici del monte Matanna a Camaiore, se si potesse, in un attimo, tornare indietro nel tempo a quarantamila anni fa. C’erano i Neanderthal, allora: ominidi, non ancora uomini, in verità, ma già abbastanza evoluti da lasciare chiare tracce della loro esistenza. Sono moltissimi, infatti, i reperti archeologici ritrovati all’interno della grotta dell’Onda e vanno dal Paleolitico dell’uomo di Neanderthal all’Homo Sapiens, al Neolitico fino alle Età del Bronzo e del Rame. Un uso lungo e costante per tutta la preistoria, quello di questo antro di circa quaranta metri per sessanta che si trova a 710 metri sul livello del mare della Versilia. Un luogo di interesse antropologico eccezionale che si trova lungo un percorso di trekking che include angoli suggestivi dell’entroterra versiliese.
Il percorso è semplice e adatto a tutti. Una volta arrivati al paese di Casoli, il paese dei graffiti, dove si possono ammirare i 120 murales che adornano i muri esterni delle case, si raggiunge la frazione di Tre Scolli dove si può lasciare l’auto. Da lì le indicazioni portano a un piccolo tratto roccioso posto sulla destra e poi a un bel sentiero che arriva alla grotta con un’ora circa di cammino. Lungo il percorso si costeggia un fiume e si incontrano due suggestive piccole cascate, i resti del polverificio Lari, costruito nel 1832, che produceva polvere pirica utilizzata per estrarre il marmo dalle cave di Carrara e un’antica fonte con un piccolo abbeveratoio. E poi si arriva alla grotta che oggi è vuota, buia e silenziosa, ma rimane un luogo di immensa suggestione che meriterebbe una migliore valorizzazione da parte degli enti storico- culturali. L’eco di quei primi uomini non smette di risuonare anche se tutte le loro tracce sono state portate nei vicini musei di archeologia: Firenze, Calci, Camaiore e fa viaggiare nel tempo, per oltre quarantamila anni.